mercoledì 8 dicembre 2010

Un libro da consigliare: "Il cammino della speranza" di Sandro Rinauro

Viviamo in un Paese in cui il dolore collettivo viene facilmente metabolizzato fino ad essere dimenticato del tutto. Il fascismo è diventato solo una pagina di storia da studiare, un episodio qualsiasi della nostra nazione: lontano, inoffensivo, dimenticabile. Mussolini per taluni è solo un pazzo, per altri un gran personaggio che seppe rispondere adeguatamente alle esigenze del momento coevo. Non parliamo poi del Risorgimento, quello è Ottocento e, quindi, antico.
C'è un'altra pagina della storia nazionale che abbiamo saputo abilmente cancellare dalla nostra memoria collettiva. Ed è la pagina che riguarda l'emigrazione.
Non c'è famiglia italiana che non abbia visto un proprio congiunto armarsi di buona volontà e partire per le lontane Americhe o per la più vicina Europa, perchè nell'amata patria era impossibile trovare un lavoro per sopravvivere. Amiamo ricordare con orgoglio patriottico gli italiani che ce l'hanno fatta, esempi mirabili di virtù intellettuali e umane che dimostrano quanto noi siamo stati bravi, onesti e rispettosi in terra straniera. E' solo quando si parla dei vincenti che riusciamo a ricordare il nostro passato di vagabondi, altrimenti si tace.
Per non dimenticare che siamo stati anche clandestini - lerci, disperati, detestati - ci pensa un interessante lavoro dal titolo inequivocabile "Il cammino della speranza", scritto da Sandro Rinauro.
Scopriamo che l'Italia è stata per anni la principale protagonista della clandestinità, soltanto sul finire degli anni '60 è stata sorpassata da altre nazioni. Solo in Francia, tra il 1945 e 1960, oltre il 50 % dei lavoratori italiani immigrati era clandestino e addirittura il 90 % delle famiglie non entrò in modo legale.
Raggiungevano il suolo francese in vari modi: valicando le Alpi, ma anche in barca o persino a nuoto. C'era chi si dedicava professionalmente al commercio degli immigrati, come i pastori transfrontalieri, conoscitori dei sentieri alpini, e i pescatori; per non parlare dei laboratori illegali finalizzati alla produzione di passaporti e di contratti di lavoro falsi. "Giungevano soprattutto a piedi con gli zaini sulle spalle o con le valigie legate con lo spago ed erano costretti a valicare le Alpi di nascosto, di notte e per i passaggi più elevati e pericolosi" (p. 193). Per molti il percorso alpino ha significato la morte. Inevitabile non pensare alle Alpi come il Mediterraneo di oggi, in cui uomini, donne e bambini pagano un prezzo troppo alto per il loro desiderio di riscatto.
Rinauro chiude il suo lavoro trattando la triste vicenda degli italiani che furono indotti ad arruolarsi nella Legione straniera e finirono a combattere nelle guerre di Indocina e di Algeria, con l'unica speranza di poter entrare in Francia e perdere lo status di clandestino.
Un libro da consigliare a chi oggi non perde occasione per avallare il concetto dello straniero fraudolento, usurpatore di beni e inquinatore di valori; a chi sostiene che gli italiani immigrati siano stati tutti bravi; a chi, insomma, non conosce o vuole dimenticare che è la disperazione a spingere migliaia di persone lontano dalla propria terra natia per dirigersi in posti in cui le condizioni sociali, economiche e ambientali sono migliori.
Il libro di Sandro Rinauro ci ricorda proprio questo: anche noi siamo stati clandestini sfruttati, discriminati, spesso mal voluti; anche noi siamo stati valuti in base al nostro grado di assimilazione con la popolazione locale, preferiti o discriminati a seconda delle situazioni; anche noi abbiamo accettato lavori pericolosi, faticosi e sottopagati.
E' giusto anche mettere in rilievo, come l'autore fa, che le migrazioni illegali di italiani (e degli altri europei) erano provocate da bisogni e da cause diverse rispetto a quelle attuali: la loro condizione di partenza era ben diversa da quella di uomini, donne e bambini che oggi fuggono dalle guerre etniche, dai vari fondamentalismi o dalle disgrazie ambientali. Tuttavia, di fronte alla insopportabile memoria corta di politici e gente normale, non sarebbe cosa sbagliata ricordare ad un pubblico il più vasto possibile (quindi, non solo a quello degli storici) il doloroso cammino della speranza di molti connazionali, affinchè si possa guardare in maniera giusta a chi oggi compie quel cammino verso la nostra amata patria.

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