sabato 29 dicembre 2012

Perdono

Scusate per l'italiano "sgangherato" che sovente è presente in questo spazio. Quando (QUANDO) mi capita di rileggere i post trovo sempre dei refusi, degli strafalcioni, dei periodi sintatticamente disordinati. Non ho giustificazioni, lo so, sono un'umanista e dovrei avere come priorità la bella lingua, ma mi...mi...scappano. Colpa del dialetto e di quel tourbillon di pensieri che tengo "dint' a capa", colpa soprattutto del fatto che non rileggo bene. 


venerdì 28 dicembre 2012

Nei dì di festa

In questi giorni di festa ci ricopriamo di tante parole che vorrebbero essere di buon auspicio per un giorno, un anno, una vita migliore. Molto spesso ce le ripetiamo senza convinzione, o addirittura senza crederci sul serio. In particolare, gli auguri per il nuovo anno sono quasi sempre una serie di raccomandazioni senza speranza, accompagnati spessissimo da lunghi sospiri. Almeno al sud, si parla del nuovo anno guardando sempre a quello passato che è stato inevitabilmente una "chiavica", e quindi quasi certi che il prossimo sia di quel taglio. Io tutte le volte paragono gli auguri del primo dell'anno alle condoglianze: non hanno nessun effetto rallegrante. "Auguri per questo nuovo anno, che sia pieno di tante belle cose. Spero vivamente che non sia come quello passato"; e subito dopo il profondo respiro segue il "chissà" con tanto di testa reclinata. 
Stamattina una mia amica mi ha mandato una mail di auguri con questa poesia di Pessoa, che vado a postarvi. Così ci facciamo gli auguri oggi, ultimo venerdì dell'anno, con il grande poeta portoghese e le sue parole particolarmente adatte a lunghi sospiri.
La traduzione è mia, pertanto è molto letterale. 
A te, Fernando, la parola.

A felicidade exige valentia

"Posso ter defeitos, viver ansioso e ficar irritado algumas vezes mas, não
esqueço de que minha vida é a maior empresa do mundo, e posso evitar que
ela  vá à falencia.

Ser feliz é reconhecer que vale a pena viver apesar de todos os desafios,
incompreensões e periodos de crise.
Ser feliz é deixar de ser vítima dos problemas e se tornar um autor da própria história.

É atravessar desertos fora de si, mas ser capaz de encontrar um oasis no
recôndito da sua alma.

É agradecer a Deus a cada manhã pelo milagre da Vida.
Ser feliz é não ter medo dos próprios sentimentos.
É saber falar de si mesmo.
É ter coragem para ouvir um "não".
É ter seguranca para receber uma crítica, mesmo que injusta.

Pedras no caminho?
Guardo todas, um dia vou construir um castelo..."

Fernando Pessoa


La felicità esige coraggio

Posso avere difetti, vivere ansioso ed essere irritato alcune volte, ma non dimentico che la mia vita è la più grande impresa del mondo, e posso evitare che essa vada in fallimento.
Essere felice è riconoscere che vale la pena di vivere nonostante tutte le sfide, le incomprensioni e i periodi di crisi.
Essere felice è smettere di essere vittima dei problemi e diventare autore della propria storia.
E' attraversare i deserti fuori di sé, ma essere capace di trovare un'oasi nel recondito della propria anima.
E' ringraziare Dio ogni mattina per il miracolo della Vita.
Essere felice è non avere paura dei propri sentimenti.
E' saper parlare di se stesso.
E' avere coraggio nel sentire un "no".
E' avere sicurezza nel ricevere una critica, sebbene ingiusta.

Pietre nel cammino?
Le ho conservate tutte, un giorno ci costruirò un castello..."


                                         Castello di Morcone (BN), X sec. circa. 

lunedì 24 dicembre 2012

Buon Natale da Atlante

Atlante mi ha definito stamattina il mio Chirone dalle impervie terre d'Oriente dove ha la fortuna di vivere da più di un anno e dove passerà il secondo Natale consecutivo in compagnia di due europei e alcuni filippini e cinesi, lontano da chi rappresenta per lui "casa" e quindi "Natale". 
Dopo Aska (che è più un eteronimo), signorina G., Candy (come mi definì lui, sempre ironicamente, in quanto donna di Wild, come lo definii io per nulla in modo ironico), il mio nome vero e abbreviazioni di nome vero (MP) e cognome vero (Giaqui), eccone uno nuovo: Atlante. Esso trova la luce dopo giorni in cui il povero signor G. ha sopportato gli sproloqui della signorina G, che, essendo una femminuccia, innaffia le discussioni con tante esagerazioni. Avete mai sentito una donna tirare fuori le sue paturnie? Sembra che solo lei porti su di sé il peso di tante privazioni, amarezze, rinunce; che solo lei abbia il coraggio di tenere il rapporto sulla retta via, impedendogli di prendere strane deviazioni; che a lei va il merito di. 


Pertanto, accolgo volentieri il nuovo personaggio, perché mi rappresenta pienamente. Sì, spesso mi sento come Atlante. Ci sentiamo tutte come Atlante, se ne facciano una ragione i nostri gnomi. 
Buon Natale.


Through the years we all will be together 
If the Fates allow 
Hang a shining star upon the highest bough. 
And have yourself a merry little Christmas now




venerdì 21 dicembre 2012

The end of the world

Non avevo neanche aperto gli occhi stamattina allorquando la mia genitrice - prolifica di parole mattutine - ha cominciato a sventolarmi davanti gli occhi uno dei prodotti del consumismo anni '90, ovvero le mutandine rosse da regalare per il nuovo anno. Le aveva rinvenute in un cassetto, e ora le contemplava come la testimonianza di un'epoca lontana in cui il suo sedere aveva quelle forme. Giacché ormai non potrebbe più indossarle, ne faceva dono a me. In fondo non sono male, hanno sì quel pizzo tipico della fin de siècle, ma sono rimaste immacolate per tutti questi anni, quindi perché non indossarle magari proprio la notte di san Silvestro, come da tradizione? 
Mentre mia madre blaterava queste amenità, io mi sono ricordata che ieri sera avevo proprio indossato intimo rosso fuoco. Pertanto, inconsapevolmente, avevo atteso che finisse questo volgare mondo agghindata come la dea della fortuna vuole. 
Peccato però che, al risveglio, nessuna catastrofe redentrice sia ancora avvenuta, siamo tutti nei nostri posti a goderci il tempo che ci è stato assegnato, continuando a sporcare il pianeta con la nostra moralità da quattro soldi. Io vi scrivo sul mio letto di infanzia, mentre la mia gattina dorme ai miei piedi, il mio fidanzato mi augura il buongiorno dalla terra di nessuno, e il mio CV vola in giro per il mondo con una speranza di cambiamento sempre più fievole.
Quindi queste osannate mutande rosse portano bene o portano male?

ps: mio padre torna a casa verso mezzogiorno tutto compiaciuto per il suo nuovo acquisto. Si è regalato una centrifuga per prepararsi succhi di verdura! Mia madre lo guardava allibita, quasi non riconoscesse l'uomo che le stava davanti tutto emozionato per qualcosa che producesse cibi privi di grassi. Io saltavo tutta contenta perché finalmente qualcuno a me caro cominciava a sposare la mia fase bio. Questa sì che potrebbe essere la nuova fase Maya in casa G.


Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!
Gesù di Nazareth


martedì 18 dicembre 2012

Il cadeau della fatina


Sta piovendo pioggia e nostalgia nel lugubre posto in cui un terribile mostro ha nascosto il piccolo signor G. L'ha preso dal suo bellissimo villaggio e l'ha spedito a lavorare nelle viscere della Terra, a scavare una galleria. Il piccolo signor G. si sveglia ogni giorno all'alba e lavora fino al tramonto, tutti i giorni, anche la domenica. Tuttavia è la sera il momento più faticoso, perché si ritrova solo nel suo freddo letto mentre la mente vola tra i dolci ricordi.
Oggi è stata una giornata particolarmente difficile, il mostro è stato più cattivo del solito. La pioggia e la nostalgia poi hanno reso il cuore del piccolo ancora più pesante. Così, appena entrato nella sua camera, è corso in un angolo e si è messo a piangere forte. "Mi hanno rubato il Natale" ripeteva il piccolo signor G. tra le lacrime. 
Il grido di dolore è stato talmente profondo che è giunto fino al cuore della fatina che vive tra le colline dove il piccolo signor G è cresciuto.Commossa, l'amorevole fanciulla ha deciso che avrebbe sfidato tutti i poteri dell'universo per portare un piccolo aiuto al suo amichetto. Purtroppo sa bene che non può nulla contro il mostro che l'ha rapito - il piccolo signor G è destinato a rimanere in un quel brutto posto fino al compimento della galleria, allorquando potrà essere finalmente libero di tornare a casa. Può, comunque, provare a fargli arrivare un cadeau di affetto, di quelli che per un po' fanno sentire meno la fatica e ridanno la speranza di un domani libero dalla presenza del mostro.
La fatina chiama in suo soccorso il giullare Sunny, gli chiede di fare tante capriole fino alla terra dove è nascosto il piccolo signor G. Il giullare Sunny, tutto fiero del compito che gli è stato richiesto, si mette il vestito più bello e pure il profumo più accattivante. Mentre fa le capriole nel mar Mediterraneo, però, il suo profumo attira le sirene, che alla vista del bellissimo ragazzo si mettono a cantare e gli fanno dimenticare la sua missione.
La fatina allora convoca il centauro Sergione, compagno di tante avventure del suo piccolo protetto. Il centauro Sergione si mette subito a disposizione, contento di poter aiutare il suo amico. Una sera, però, giunge in un villaggio, dove si sta svolgendo una grande festa: è la festa dell'arrosticino. Preso dal suo cibo preferito e dai fiumi di birra che i villani offrono agli stranieri, il centauro Sergione esagera e si addormenta. 
La fatina è disperata: adesso a chi mai potrà chiedere aiuto? C'è bisogno di qualcuno di veramente speciale, qualcuno che possa andare dritto al cuore del piccolo signor G senza lasciarsi incantare né dalle sirene né dal cibo. Ci vorrebbe proprio Woman in red, solo lei è in grado di portare a compimento una missione del genere, solo lei può superare tanti ostacoli e arrivare senza fatica dal piccolo in difficoltà.
Indossato il vestito rosso preferito e il sorriso più smagliante, Woman in red si mette in viaggio. Sfida le tempeste, le montagne, le tentazioni, la fatica, e giunge finalmente al cospetto del disperato amichetto.
"Mi hanno rubato il Natale" " mi hanno rubato il Natale", continua a ripetere il piccolo signor G. "Non è vero che ti hanno rubato il Natale", gli sussurra dolcemente Woman in red. "Io sono venuta apposta a impedire che ciò accada".
Nel sentire quella voce così soave, il piccolo signor G alza la testa e spalanca la bocca: non riesce a credere a cosa vede davanti a sé.
"La fatina mi ha dato la missione di ridarti il Natale. Se chiudi gli occhi, ti alzi e ti avvicini a me io ti darò il suo cadeau". Il piccolo signor G esegue le istruzioni di Woman in red. Si avvicina alla ragazza e - sorpresa, sopresa - viene avvolto da un abbraccio che lo fa diventare tutta luce e tutto calore. Le lacrime scompaiono dal suo volto, il cuore comincia a pulsare forte e pieno di speranza, il sorriso è di nuovo abbondante e fiducioso. 
"Come vedi, piccolo signor G, nel tuo cuore c'è di nuovo il Natale. Cerca di custodirlo bene, fai in modo che il mostro non si possa avvicinare ad esso. Hai la forza e il coraggio per evitare che te lo distrugga".
"Ora devo andare, il viaggio di ritorno è lungo e faticoso. Ci vediamo presto tra le nostre colline".
Il piccolo signor G, di nuovo vigoroso e sorridente, guarda Woman in red allontanarsi dietro a quelle brutte montagne. Sa che, una volta finita la galleria, la ritroverà tra le sue dolci colline, insieme alla fatina, al giullare Sunny e al centauro Sergione.
Si è fatto tardi, domani sarà un'altra dura giornata di lavoro. Si mette nel letto il piccolo signor G., prende sonno stringendo a sé forte il cadeau della fatina. Il Natale è di nuovo al suo posto. 

lunedì 17 dicembre 2012

Woman

Sono un numero sproporzionato le donne uccise quest'anno sul civile suolo italico da uomini incapaci di dominare rabbia, risentimento, frustrazioni, possesso.
Sono molte di più quelle che vengono massacrate ogni giorno dai loro pusillanimi maschi impauriti di fronte alla loro vulnerabilità. "E' fuori di testa", "non riesce proprio a gestire la sua emotività", "è troppo sensibile", "piange troppo", "fa un dramma per qualsiasi cosa", "è isterica": ciascuna di noi è stata etichettata con una di queste espressioni almeno una volta nella vita da uomini vicini.
Ho visto uomini tirarsi indietro di fronte a momenti di fragilità delle proprie compagne, li ho sentiti spaventati nel pensare che possano essere un cattivo esempio per i loro bambini con un umore così instabile.
A questi uomini rispondo che mai mai ho pensato che una qualsiasi delle mie amiche in preda ad un momento di difficoltà emotiva non potesse essere capace di amare il frutto del suo ventre, che non fosse capace di rialzarsi, di riscattarsi.
Ho visto amiche prendere antidepressivi per colpa di famiglie sfasciate; le ho viste assottigliarsi per causa di amori difficili e poi rifiorire nella storia successiva; le ho viste curarsi l'anoressia e diventare qualche anno dopo delle mamme amorevoli, presenti, attente; le ho sentite raccontarmi di aborti vissuti da sole perché il compagno non aveva avuto il coraggio di accompagnarle; le ho viste mangiarsi mezzo pandoro in un momento in cui il demone della bulimia si era impossessato di loro; le ho viste, poco più che ventenni, gestire uomini più grandi affetti da disturbi dell'umore gravi; le ho viste tradite, rinnegate, lasciate all'improvviso senza una parola; le ho viste urlare di dolore o farsi del male fisico a causa di abbandoni; le ho viste affrontare da sole depressioni post partum; le ho viste piangere per la mancanza di lavoro e per la carenza di affetto; ho visto amiche sicure di sé sgretolarsi alla prima occasione, ho visto amiche molto sensibili avere una forza d'animo che nessuno dei loro uomini possiederà mai.
Mi sono vista piangere nottate intere per espellere dal mio corpo una parola o un gesto offensivo; mi sono vista abbattuta, sconfitta, ricoperta solo delle mie lacrime; mi sono vista bambina guardare chi mi stesse facendo del male; mi sono vista adulta portare con me quei demoni. Tuttavia, giammai ho creduto che non sarei stata capace di amare in modo sano. Ho sempre pensato che la mia fragilità sia la mia ricchezza: è quel terzo occhio che mi consente di penetrare nell'altro, di accoglierlo, di comprenderlo, di non condannarlo a priori e a posteriori.
E' grazie a questa emotività che io do fiducia a me stessa, alle mie amiche, a quegli uomini impauriti. Nonostante tutto e a dispetto di tutto.



A tutte le donne

Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso          
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l'emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d'amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra
e innalzi il tuo canto d'amore.

Alda Merini


                                          Persona, Ingmar Bergman (1966)

domenica 16 dicembre 2012

Domenica da G. a G.


Abito sempre qui da me, 
in questa stessa strada che non sai mai se c'è 
e al mondo sono andato, 
dal mondo son tornato sempre vivo.

Ho ancora la forza di starvi a raccontare 
le mie storie di sempre, di come posso amare, 
di tutti quegli sbagli che per un 
motivo o l'altro so rifare.
(Ho ancora la forza)



Mi affascina il mistero delle vite
che si dipanano lungo la scacchiera
di giorni e strade, foto scolorite
memoria di vent'anni o di una sera.
E mi coinvolge l'eterno gocciolare
e il tempo sopra il viso di un passante
e il chiedermi se nei suoi occhi appare
l'insulto di una morte o di un'amante,
la rete misteriosa dei rapporti
che lega coi suoi fili evanescenti
la giostra eterna di ragioni o torti
il rintocco scaglioso dei momenti,
il mondo visto con gli occhi asfaltati
rincorrendo il balletto delle ore
noi che sappiamo dove siamo nati
ma non sapremo mai dove si muore.
(Vite)


venerdì 14 dicembre 2012

O la macchina o l'amore!

Spesso la mattina cerco di farmi passare il tempo accompagnando i vicini di casa anziani o senza patente per i negozi, alla posta o in visita al cimitero. Stamane la tappa era il supermercato, ove la signora Lina, di anni 81, avrebbe saccheggiato il bancone di torrone in vista delle prossime vacanze natalizie allorquando verranno in visita i nipoti settentrionali.
Vedendomi uscire con le chiavi della macchina, la mia più vicina di tutti (siamo porta a porta, finestra a finestra, cuore a cuore) mi ha chiesto di andare a pagare per lei l'odiosa bolletta del gas. Entro al tabacchi con questa missione, ne esco con un gratta e vinci da due euro. Mentre aspetto che l'infaticabile Lina finisca in macelleria (oggi ha fatto tappa in due supermercati e una macelleria, altre volte mi tocca pure la merceria e la profumeria!), gratto in silenzio nella mia macchina. Guardo i numeri e mi sembra di aver vinto addirittura 100 mila euro! 
Torno a casa con il cuore in gola, con mamma e papà controlliamo per bene il biglietto e ci sembra proprio di aver beccato quello vincente. A quel punto si mette in moto l'immaginazione: la prima cosa che farò è cambiare la macchina. La nostra amata y10 verde bottiglia del 1992 è allo stremo, ad ogni sampietrino grida di dolore, sarebbe tempo di mandarla in pensione. Io e mamma cominciamo già a immaginarci il nostro nuovo mezzo di trasporto, mentre papà pensa a fare il gradasso: "mò ti credi quanto sono 100 mila euro" (il suo conto in banca se la sogna una cifra tale, ma gli piace fingere di essere abbiente). Ricontrolliamo bene le istruzioni e scopriamo che abbiamo vinto solo un pugno di illusioni. Ci eravamo confusi con le regole del gratta e vinci da un euro.
Quindi niente nuova macchina, niente regalo di Natale in migliaia di euro per la mia vicina della bolletta in bolletta, niente nuovo computer, niente viaggetto con il mio ingegnere del cuore. In compenso, proprio stamattina ho perso 20 euro, nel pomeriggio devo cacciare 100 euro per la riparazione del portatile e lunedì ben 700 dal dentista! 
D'altra parte proprio il mio ingegnere di prima mattina con una telefonata inaspettata mi aveva fatto sentire tanto fortunata...mica si può avere tutto dalla vita? Sigh! 


Meglio essere senza fortuna ma saggi che fortunati e stolti.
Epicuro, Lettera a Meneceo 

giovedì 13 dicembre 2012

Parole da donare

Fin da piccola ho sognato di insegnare. Alle elementari, il pomeriggio dopo aver finito i compiti, allineavo tutti i giocattoli di forma umana (a cui avevo dato un nome e una connotazione caratteriale ben definita, a volte anche familiare) e insegnavo loro tutto ciò che avevo appreso in classe la mattina. Poiché la mia era una scuola vecchio stampo, con interrogazioni e voti, riproducevo il medesimo schema a casa: avevo il registro sul quale annotavo i risultati e una lavagnetta al cospetto della quale i miei alunni dovevano dimostrare di aver appreso gli insegnamenti. Giacché ero anche una bambina pregna di storie, inventavo il post scuola con i ragazzi che si fidanzavano tra di loro o le difficoltà con i genitori.
Nella vita irreale insegno varie cose in momenti discontinui, in quella reale, cioè di stallo occupazionale tipicamente made in Italy, penso a cosa vorrei realmente donare ai miei ragazzi: insomma leggo, studio, approfondisco sempre a titolo personale e gratuito.
In questi giorni mi ronza una frase che mi piacerebbe usare in una lezione di filosofia al liceo (nel mondo irreale mi piacerebbe insegnare storia e filosofia; nel mondo reale non c'è spazio nemmeno per pensarla un'assurdità del genere); sono le parole che danno l'avvio alla Metafisica di Aristotele: 

"Tutti gli uomini tendono per natura al sapere".

Vale a dire che tutti gli uomini non solo posseggono il desiderio di ricerca, di conoscenza, di sapienza, ma possono conseguirlo. Inseguire, amare, allattare il proprio sapere e poi metterlo al servizio di se stessi e della comunità: questo vorrei scolpire nel cuore degli adolescenti, questo vorrei scolpire innanzitutto nel mio di cuore. Forse per questa ragione vago per la mia minuscola camera cercando il modo di ingabbiare quelle parole. Devo scriverli i pensieri per non perderli: ho questo bisogno spasmodico di cementarli. 
Mi sono appuntata la frase su un foglietto e l'ho appiccicata al muro. Tuttavia mi piacerebbe scriverlo bello visibile sull'armadio, come feci da ragazzina quando sentii l'impulso di scrivere "da qualunque parte tu venga, tu non sei un estraneo" con un pennarello indelebile. Crescendo ho provato a cancellarlo, ma è lì che ancora si vede. Ringrazio i miei genitori per non essersi arrabbiati per aver imbrattato un mobile, forse avevano capito che in quella frase di Primo Levi c'era in nuce una tendenza, anzi due, del mio carattere: quella a non considerare l'altro straniero e quella di dovermi esprimere attraverso le parole degli altri. Quelle stesse parole che, a mio parere, non andrebbero serbate dentro di sé, ma dovrebbero essere donate affinché producano molto frutto anche negli altri. 

venerdì 7 dicembre 2012

Spettacolo di luci a Salerno

Segnalo un bell'evento natalizio e una bella città da visitare con questo post.
Si tratta di Salerno, che anche quest'anno propone un'esposizione di arte luminosa curata da artisti. Un bel modo per ornare e rendere alquanto suggestive le vie del centro città, e per attrarre tanti visitatori.
Oltre alle luci mi ha colpito la compostezza e l'eleganza di questa città campana: niente venditori ambulanti, niente carte per terra, niente baccano, ma solo tantissime persone che si infilavano nelle stradine del quartiere più antico e nei negozi del corso senza creare fastidio alcuno.
http://lucidartista.comune.salerno.it/static/luci/LUCI_D-ARTISTA_2012-4242.aspx





sabato 1 dicembre 2012

Pochi propositi per terminare l'anno

Ho ancora tutto dicembre per portare avanti dei propositi in questo 2012 latitante di obiettivi veri e perseguiti.
Giacché pare che non sia mai troppo tardi, eccomi qui oggi, primo giorno del mese ultimo dell'anno, a stilare un elenco abbordabile per il mio anarchico carattere che mi consenta di poter chiudere l'annata con un "risultati raggiunti".

1) per prima cosa devo dedicarmi a questo spazio, lasciato per troppo tempo senza voce. Le idee ci sono, i pensieri sono persino allineati, quello che manca è l'atto del mettersi a scrivere. Pertanto, signorina Aska, le chiediamo di creare almeno 10 post;

2) iniziare veramente e portare a termine I miserabili;

3) le lingue! Prendere in mano i libri di inglese e portoghese (magari anche francese) e studiare studiare studiare. Ma seriamente! 

4) evitare i dolci almeno fino alle feste (di tutti i punti è stranamente la cosa che mi risulta più facile da fare);

5) meno social network più filosofia;

6) cambiare rotta al pensiero: ogni volta che ti viene in mente un pensiero contorto, lacerante, ammorbante, rispondere subito con l'esatto contrario. Cominciare a praticare il Positive thiking, per te per Stefano per il mondo intero. 

Pronti? Viaaa.

martedì 9 ottobre 2012


Io vorrei farti dormire, ma come i personaggi delle favole, che dormono per svegliarsi solo il giorno in cui saranno felici. Ma succederà così anche a te. Un giorno tu ti sveglierai e vedrai una bella giornata. Ci sarà il sole, e tutto sarà nuovo, cambiato, limpido. Quello che prima ti sembrava impossibile diventerà semplice, normale. Non ci credi? Io sono sicuro. E presto. Anche domani. Guarda, Natalia, il cielo! È una meraviglia!

Fëdor Dostoevskij, Le notti bianche





domenica 7 ottobre 2012

Essere insegnante


L'amica madrilena di mia sorella ama rispondere a chi, ogni volta, ridicolizza l'importanza di essere insegnante  usando queste battute così pregnanti.
Anche io sottolineo, allorquando mi si fa notare che chi opera al servizio della cultura e in particolare nella scuola ha vita facile e incide poco sulla ricchezza materiale, che sono le madri insegnanti a generare futuri ingegneri, futuri manager, futuri scienziati. 

Me preguntaron en la calle: ¿Qué profesión estudias?
Y Yo le contesté: Educación.
Esa persona, mirándome con extraña expresión en su rostro, se rió y dijo en voz baja: "Que Profesión tan fácil, se la pasan jugando con niños."
Yo con mi cara bien en alto le dije con firmeza: siii.. Soy Docente...
NO trabajo en empresas, pero si en un espacio donde promuevo conocimientos en niños y jóvenes...
NO di...scrimino, porque doy Amor a todos por igual...
NO soy Jefe, pero tu hijo me ve como un Líder y soy su modelo a seguir..
NO Soy Psicólogo, pero puedo hacer que TU Hijo crea en Si mismo..
NO Soy Doctor, pero puedo diagnosticar carencias en estos Jóvenes...
NO tengo horario de trabajo, pues mientras TU ves televisión y duermes, algunos estamos planificando para que tu hijo tenga el Mejor Aprendizaje.
NO Soy Arquitecto para construir edificios, pero si construyo Sueños y Valores.
NO juego con los niños, participo en la construcción de su Aprendizaje.
NO juego con plastilina, moldeo Sueños.
Que Vivan los Maestros y Profesores... Porque para ser Profesionales pasaron por las manos de uno de mis Colegas! Lucha por nuestra Profesión y demuestra, con Dignidad, que somos Excelentes Profesionales y que para llegar a ser ingeniero, abogado, médico, entre otras profesiones, es necesario un DOCENTE..!

mercoledì 26 settembre 2012

Brividi


Nel suo sguardo, la pena aveva spento ogni luce di stupore, vi aveva diffuso una fissità malinconica che esprimeva rassegnazione: l'eterna immobilità del vinto.
Cronache di poveri amanti, Vasco Pratolini

I brividi mi sono venuti leggendo queste righe. 
Vasco Pratolini descrive con queste parole, così cariche di significato, come la Storia ha agito su uno dei suoi personaggi più positivi. E' Margherita, vedova del comunista Maciste; è la Margherita di tante epoche, di tanti fascismi, di tante tragedie personali e collettive.

domenica 23 settembre 2012

Autunno




Autunno

Autunno. Già lo sentimmo venire
nel vento d'agosto,
nelle pioggie di settembre
torrenziali e piangenti
e un brivido percorse la terra
che ora, nuda e triste,
accoglie un sole smarrito.
Ora che passa e declina,
in quest'autunno che incede
con lentezza indicibile,
il miglior tempo della nostra vita
e lungamente ci dice addio.

Vincenzo Cardarelli

giovedì 20 settembre 2012

Il buio di certe giornate


Era il tempo migliore e il tempo peggiore, la stagione della saggezza e la stagione della follia, l’epoca della fede e l’epoca dell’incredulità, il periodo della luce e il periodo delle tenebre, la primavera della speranza e l’inverno della disperazione. Avevamo tutto dinanzi a noi, non avevamo nulla dinanzi a noi; eravamo tutti diretti al cielo, eravamo tutti diretti a quell’altra parte.

Charles Dickens, Le due città

Lettere d'amore

Sono la tipica figlia del terzo millennio globalizzato, interconnesso, multiculturale and bla bla bla. Mi piacciono tanto i social network, su internet mi informo e comunico. E grazie a internet scrivo lettere d'amore. Mai, 15/10 anni fa, avrei immaginato di comunicare con il mio amato usando la scrittura e un "Caro X; ti abbraccio e ti bacio". Potere del mondo moderno. 
Ogni qualvolta che mi accingo a scrivere una mail al mio Lui lontano penso alle lettere che i miei nonni si scrivevano in tempo di guerra.  Mia nonna ce le mostrava sempre con un velo di commozione. Immagino quanto fosse emozionante riceverle dopo settimane di silenzio, con il cuore in pena per un fidanzato sotto le bombe. Il nostro epistolario non ha questo livello di poeticità, dato dalla paura quotidiana di non vedersi mai più. Non metto in discussione che la loro attesa fosse anni luce più poetica della nostra. Immaginate il cuore che scoppia e le ginocchia che non reggono quando lo si vedeva ritornare dal fronte. Le mie emozioni dietro alla vetrata dell'aeroporto non sono nulla al confronto. 
Eppure noi, con questa storia a distanza e con le nostre appassionate lettere elettroniche d'amore, siamo gli ultimi romantici. Me ne accorgo quando ne parlo con gli altri o quando qualcuno incappa in un nostro scritto (mail, post, sms): tutti manifestano emozione.Certe volte preferirei rinunciare a tutto questo romanticismo pur di poterlo vedere, pur di parlarci e di amarlo più spesso di persona; tuttavia, questo ha pensato per noi il fato. E' attraverso tutto ciò che passa il nostro processo di crescita. Meglio molto meglio di una qualsiasi guerra.

Mas, afinal,
Só as criaturas que nunca escreveram
Cartas de amor
É que são
Ridículas.





Tutte le lettere d’amore sono ridicole.
Non sarebbero lettere d’amore se non fossero
ridicole.
Anch’io ho scritto ai miei tempi lettere d’amore,
come le altre,
ridicole.
Le lettere d’amore, se c’è l’amore,
devono essere
ridicole.
Ma dopotutto
solo coloro che non hanno mai scritto
lettere d’amore
sono
ridicoli.
Magari fosse ancora il tempo in cui scrivevo
senza accorgermene
lettere d’amore
ridicole.
La verità è che oggi
sono i miei ricordi
di quelle lettere
a essere ridicoli.
(Tutte le parole sdrucciole,
come tutti i sentimenti sdruccioli,
sono naturalmente
ridicole).

Fernando Pessoa

Conto alla rovescia

Ci siamo: manca un mese al matrimonio di mia sorella. Questo vuol dire che MIA SORELLA, QUELLA PIU' PICCOLA DI ME, LA MIA UNICA SORELLA SI SPOSA. Ebbene sì. E vi dirò: NON VEDO L'ORA. 
Non vedo l'ora di non vedere più mia madre agitarsi per una sciocchezza, di non sentirla redarguirci per ogni ritardo di pochi secondi su una commissione da svolgere o sul numero di bibite da comprare. 
Il peggio è passato quando finalmente la genitrice ha trovato il vestito, prima di questo lunedì è stato un incubo. Sapevamo tutti a casa che il peggio sarebbe venuto nel momento in cui decideva che era giunto il tempo di cercarsi l'abito, e che questa ricerca sarebbe stata snervante. I pronostici non sono stati affatto esagerati: è stato un supplizio.
In generale questo matrimonio mi ha resa sicura su una cosa: semmai io e lui decideremo di sposarci farò una cerimonia in cui dovranno essere presenti solo i nostri genitori, i suoi nonni, mia sorella e marito, e suo fratello. Preferirò fare un viaggio di nozze più lungo, ma giammai i risparmi dei miei genitori dovranno andare in ristorante, fotografo, fiori, atelier, estetista, tipografo, bomboniere, gioielliere, parrucchiere, ecc. Avete mai fatto caso in quanti mangiano sull'evento matrimonio?
Ho fatto giurare a Stefano in più di una telefonata che sarà così. Lui mi rassicura con "figurati se voglio fare la festa, già è tanto se deciderò di sposarmi in chiesa".Già, sarebbe un miracolo il solo partorire un desiderio di matrimonio. 
Frivolezze a parte, lo spreco che c'è dietro la decisione di un uomo e di una donna di costituirsi famiglia è esagerato, volgare, e di questi tempi assolutamente fuori luogo. Se penso ai soldi che vanno via per delle cose futili (tipo le partecipazioni. Ma io mica immaginavo che costassero tanto, tanto quanto un mio corso di 20 ore!), mi viene il voltastomaco. Giovani coppie che spendono molti soldi per quel giorno e poi non hanno la possibilità di fare un figlio. 
A dir la verità tutti i giovani con cui ho parlato in queste settimane condividono appieno la mia tesi, però c'è la questione dei genitori che vogliono il grande giorno per il proprio pargolo. Sono, insomma, la generazione dei padri, quella che si è mangiata il nostro futuro e ci ha regalato un presente precario, che non riesce a rinunciare al mondano. Sono loro che pagano e quindi...(anche perché noi soldi non ne abbiamo). 
Comunque, polemica a parte, ci sono stati anche momenti esilaranti, ribattezzati da me e la sposina: scene da Il mio grasso grosso matrimonio morconese.
L'altra mattina, per esempio, hanno fatto irruzione in casa le amiche di mamma. Tra una manciata di confetti e di pasta di mandarle, si è deciso quale copriletto e quale tovaglia ad uncinetto usare quella mattina. Si sono fatte le prove, e poi si è scelto le migliori. Mia nonna ci ha lasciato un baule di lavori all'uncinetto dal valore enorme. Se dovessero sopraggiungere tempi veramente di magra, chissà che l'eredità materna non possa aiutarci. Diciamo la verità mentre le signore spendevano parole per quei "capolavori", io mi facevo due conti in tasca! 
Altro momento da risate poco contenute è stato quando in un negozio di abiti da cerimonia abbiamo scovato vestiti di un pacchiano assurdo. Tipo questo qui sotto. Io, sgomenta, ho persino chiesto alla commessa se ci fosse realmente gente con il coraggio di indossarlo. A quanto pare sì, e sono pure in tante. D'altra parte la mia è la regione top per queste vistosità. Al ristorante con giardini e fontane mica si può andare con un semplice tubino nero?



martedì 18 settembre 2012

50 e più sfumature di letteratura italiana


L'importante consiste nel sapere stabilire dentro di noi quell'equilibrio che fa il mondo vasto come il cielo.
Vasco Pratolini, Cronache di poveri amanti.

A quanto pare il fenomeno letterario delle estate è un libro dal titolo "50 sfumature di grigio", scritto da una signora inglese (di cui non ricordo il nome, né mi prendo il disturbo di andarlo a cercare su google). Vero o falso che sia, da qualche parte ho letto o sentito che il suddetto libro ha superato gli incassi dell'altro fenomeno commerciale inglese, Harry Potter. 
A fine estate ero su un treno con due amici, e mentre noi parlavamo fitto e ridevamo senza ritegno la ragazza di fronte a me leggeva completamente immersa, senza manifestare alcuna forma di disturbo per il nostro baccano. Quando si è alzata per andare in bagno, io mi sono precipitata a leggere il titolo del libro che così tanto l'appassionava. Avevo intuito che non si trattava de I fratelli Karamazov (so, per esperienza, che necessitano di silenzio), e non mi sono meravigliata di appurare che il romanzo coinvolgente era l'ultima macchina sforna soldi dell'editoria. Ho fatto un risolino e ho riferito ai miei amici il poco che sapevo su quel libro, tutti abbiamo concordato che solo uno scritto con argomento un po' di sesso poteva inchiodare l'attenzione della lettrice nonostante le nostre chiacchiere.
Qualche giorno fa sul gruppo Facebook della libreria del mio paese una ragazza ha chiesto informazione sul libro in questione; una delle libraie le ha prontamente risposto che non ne valeva la spesa, sebbene da loro fosse stato il romanzo più acquistato. Aggiungeva che, al contrario, il premio Strega Alessandro Piperno era rimasto sullo scaffale invenduto. E' bastato il confronto per farmi allontanare definitivamente dalla decisione di "proviamo a vedere di che si tratta, forse mi distraggo un po'".
Sono andata in libreria intenzionata a riscattare Piperno e a chiedere ulteriori ragguagli sulla sua concorrente. Mariangela, una delle due ragazze che possiede il piccolo mondo letterario del nostro territorio, mi ha indicato lo scaffale pieno di "50 sfumature di grigio", vicini ai quali timidi timidi c'erano Piperno e Emanuele Trevi (al secondo posto al premio Strega). Mi ha spiegato che l'autore romano non attira perché è "un tantino pesante", mentre l'autrice inglese va perché "è una donna", ha mixato "erotismo, harmony". E distrae, aggiungo io. Pare che abbiamo sempre bisogno di distrarci noi cittadini del terzo millennio alle prese con la crisi economica e morale, figuriamoci se occupiamo il tempo libero con cose impegnative, istruttive, edificanti. Solo così si spiega il fatto che sono i comici ad attirare pubblico (tanto pubblico) al cinema e al teatro. E' di risate e di sogni da quattro soldi che abbiamo bisogno per evadere, dicono in molti. I pochi direbbero il contrario, un sano contrario.
Ergo, avevo tutta l'intenzione di passare qualche ora in compagnia di Piperno (era assistente alla cattedra di lettura francese quando io ho seguito il corso. Dunque, nei suoi confronti nutro anche un sentimento di "affetto". Insomma, fa parte dei ricordi universitari. Solo per questo dovrei sostenerlo). Tuttavia quando ho scorto Vasco Pratolini, l'affetto è passato in secondo piano. 

"Stasera sei più allegra del solito. Sorridi così di rado che si direbbe tu abbia vinto un terno al lotto. Hai sognato che ci sposavamo?"
"No. Eppoi, io sogno soltanto prima di addormentarmi. Bisogna tenga gli occhi aperti per sognare."
"Allora non vale. Sogni quello che ti fa piacere."
"Non sono forse i sogni più belli?"

Questo è Cronache di poveri amanti. Solo il titolo vale la scelta. Che titolo è Cinquanta sfumature di grigio?
Ad ogni lettore di questa cosa di grigio direi leggi Calvino, leggi Pavese, leggi la Morante, e poi ancora Jovine, Pratolini, la Ginzburg, Fenoglio, Vittorini, Pasolini, Levi, Silone, la Deledda e la Viganò. Leggi la letteratura italiana che ti racconta cosa è stata la guerra, la Resistenza, il mondo agricolo e quello operaio, i sogni di riscatto di un popolo povero e sfasciato, che ti dice cosa erano i tuoi genitori, i tuoi nonni e quindi cosa sei tu. Prima compi questo viaggio all'indietro, e poi torna al presente con i vari Piperno, De Luca, Baricco, Tabucchi, Ammaniti. Leggi i vecchi per scegliere bene i nuovi. Leggi vecchi e nuovi che ti insegnino qualcosa, che ti consentano di capire che cosa c'è nel tuo presente sociale, politico, personale, familiare. Scegli le cinquanta e più sfumature di colore della nostra letteratura. Garantisco io.


venerdì 14 settembre 2012

Cosa ti manca di più, Chirone?

Aska e Chirone giocano con gli intrecci di desideri per stemperare la forte nostalgia che sentono quando di venerdì pomeriggio lui non lavora e lei è bloccata in casa dalla pioggia. 
Cos'è che manca di più in questo momento a Chirone? E di cosa ha voglia Aska?

Le 10 cose che mi mancano di più in questo momento a Nosud:

10) L'odore di alberi bagnati dopo la pioggia, sia perchè qui mancano gli alberi, sia perchè è da prima di Pasqua che non piove.

9) Darei un giorno di paga per una bustina di caramelle gommose da divorare fino ad avere mal di pancia.

8) Poter uscire sul terrazzo di casa a S.Croce dopo cena a godermi in silenzio l'aria fresca della sera.

7) Vorrei una succulenta grigliata mista di pesce in riva al mare, accompagnata da un bicchiere di vino bianco ghiacciato.

6) Vorrei poter dedicare un'intera giornata a preparare una cena romantica e originale in terrazzo per la signorina G.

5) Vorrei poter guidare un'auto e andare dove mi pare.

4) Vorrei poter sedere sulle panche di legno all'aperto del Landulphi, in una calma serata di fine estate, in compagnia della mia signorina G., a gustare una meritata birra.

3) Mi mancano i pranzi domenicali in campagna dai miei nonni.

2) Ho voglia di fare una lunga vacanza in moto, uno di quei giri mitici, da pubblicare su quei siti di viaggi in moto.

1) ...


Ho voglia di...

1) ho voglia di avere una casa mia, piccola, colorata e piena;

2) ho voglia di aspettare che arrivi la sera per vederti tornare;

3) ho voglia di un lavoro che mi faccia sentire contenta, a dispetto della fatica;

4) ho voglia di avere il cuore in gola in attesa di vederti uscire dalle vetrate dell'aeroporto dopo più di due mesi di separazione. E di abbracciarti.

5) ho voglia di avere 14 anni;

6) ho voglia di vederti arrivare sotto casa mia con la tua moto;

7) ho voglia di saper cucinare un'ottima parmigiana, una pasta al forno e un tiramisù. Insomma, di avere fantasia e passione in cucina. Solo per te;

8) ho voglia di mangiare un gelato o un tagliere di salumi senza la paura di ingrassare;

9) ho voglia di fare un viaggio, uno qualsiasi, basta che sia con te;

10) ho voglia di vivere in un piccolo posto, dove la sveglia mi è data da un campanile, dove non ci sono clacson, sirene e gente scocciata, dove dal salumiere o dal macellaio mi chiamino per nome.


Ho soprattutto voglia in questo momento di ballare il Tuca Tuca per te. 

giovedì 13 settembre 2012

In un giorno di pioggia

Piove da stamattina sul mio Sannio. Ero già sveglia alle 6 quando la prima pioggia ha cominciato a picchiare sui tetti della mia cittadina. Per tutto il giorno non sta facendo altro, tanto da far dire a tutti "è arrivato l'autunno", che per noi è equivalente a "è giunto il tempo di chiuderci in casa, riassaporeremo la gioia della libertà di stare all'aria aperta soltanto a maggio".Gli inverni sono lunghi dalle mie parti, gli inverni sono lunghi nella provincia più provincia d'Italia.
Oggi, poi, sono cominciate le scuole, e io ho avuto, dopo settimane, una mattinata libera. Nei giorni scorsi ero alle prese con la mia tredicenne vicina di casa e la sua avversione per la matematica. Mentre lei si annoiava di fronte a espressioni, grandezze proporzionali, aree e perimetri da calcolare, io ritrovavo conoscenze seppellite nella memoria da quasi un quindicennio. E mi riappassionavo. 
Gli umanisti della mia generazione hanno tante vite, a seconda del mercato. Capita persino che, in certi periodi, vengano salvati dal tedio dal teorema di Pitagora, ed economicamente da una relazione sulla crisi nelle aziende.  
Stamattina a salvare il mio umore, però, è intervenuta Mina. Mentre la pioggia scendeva copiosa, io cantavo questa canzone. E celebravo il primo mese lontana dal mio uomo.

Le strade vuote, deserte sempre più 
leggo il tuo nome ovunque intorno a me 
torna da me amor e non sarà più vuota la città 
ed io vivrò con te tutti i miei giorni 
tutti i miei giorni, tutti i miei giorni


lunedì 10 settembre 2012

Costruire




Nel mezzo c'è tutto il resto 
e tutto il resto è giorno dopo giorno 
e giorno dopo giorno è 
silenziosamente costruire 
e costruire è potere e sapere 
rinunciare alla perfezione 


Quando ha bisogno di dare senso all'imperfezione di alcune giornate, di alcuni periodi Aska canta questa canzone di Niccolò Fabi. 
Ha bisogno di ripetersi che sta costruendo nonostante tutto e al di là di tutto, e che costruire vuol dire spesso non perseguire quelle tante aspirazioni, quei desideri ricercati senza fatica e senza inganno. In amore e nella realizzazione personale. 
La vita pensa a tutt'altro rispetto a ciò che la superbia della giovane età bramerebbe: è costruire giorno dopo giorno, rinunciando alla perfezione. 

sabato 8 settembre 2012

A settembre


Quante gocce di rugiada intorno a me
cerco il sole ma non c'è
Dorme ancora la campagna o forse no
è sveglia
mi guarda
non so.
Già l'odore della terra
odor di grano
sale adagio verso me
e la vita nel mio petto batte piano
respiro la nebbia
penso a te.






No, cosa sono adesso non lo so
sono un uomo
un uomo in cerca di se stesso.
No, cosa sono adesso non lo so
sono solo
solo il suono del mio passo
e intanto il sole
tra la nebbia filtra già
il giorno
come sempre
sarà.

sabato 25 agosto 2012

Una visita inaspettata

Ero in ufficio ben oltre il normale orario di lavoro. Bussano alla mia porta ed entra un signore anzianotto, sulla sessantina inoltrata, con occhialini e baffi grigi, ben vestito, insomma, una persona distinta, cosa rara a vedersi da queste parti. 
Mi porge la mano e con un modo di fare calmo e pacato e in un discreto inglese mi fa: "Buon pomeriggio, io sono Mr. G......(e qualcosa appresso che ho capito come "Giosef" - Joseph - parlado, poi, mi ha detto che il suo nome è Jossuf, inglesizzato Joseph), ho lavorato per qualche anno con Walter della SELI a Kermanshah, alla fabbrica conci, e sono molto lieto di conoscerti". 
Lì per lì sono rimasto un po' interdetto, ma quell'omino infondeva una serenità tale che, nonostante la mia innata indisposizione ad aprirmi con gli sconosciuti, gli ho fatto un gran sorriso e l'ho invitato a sedersi, come se dovessimo parlare per ore. 
Ci siamo messi a parlare, io mi sono presentato e lui mi ha chiesto quale fosse il mio impiego "site manager" gli faccio, con un tono come a voler dire "purtroppo mi è capitato, non posso farci nulla". Lui mi fa "oh, ma sei molto giovane, questa è una buona cosa per te! Da dove vieni?"
"Roma"
"Oh Italia....Vivaldi"
e lì ho pensato - "wow, allora non sono tutti buzzurri che conoscono solo Del Piero e Totti"
Gli faccio "Sì, Vivaldi. Le piace la musica classica?"
"Oh, l'adoro. A casa riesco a prendere un canale satellitare francese dove trasmettono solo musica classica"
"Ah bene. E lei da dove viene? Kermanshah?"
"No, sono del nord, vicino al Mar Caspio. Ho studiato ingegneria e mi sono laureato circa 40 anni fa all'università di Tabriz"
"Ah ma allora è un ingegnere?"
"Sì, sono 40 anni che lavoro nelle dighe e nei tunnel. Sono qui per la piccola diga che dovrete fare"
"Sì, in effetti è molto piccola, noi non ce ne occuperemo proprio"
"Io ho lavorato alla diga più grande dell'Iran, figurati è stata costruita prima della rivoluzione del '79, l'impresa era italiana e il cliente americano. Ho delle foto dell'epoca: non c'erano ancora le betoniere in Iran e si vedono queste file di operai che impastano piccoli mucchi di cemento a mano, con le pale".
Avrei voluto dirgli "non è cambiato poi tanto da allora" ma ho avvertito nelle sue parole una forte commozione, forse la nostalgia per la sua giovinezza, e allora in forma di rispetto e con un po' di vergogna, ho solo accennato ad un timido sorriso.
Al che lui rompe il silenzio e sempre in tono molto garbato mi fa:
"Sei sposato?"
"Beh, no"
"E perchè no?" e così mi ha spiazzato!!! Non sapevo cosa rispondergli, sono rimasto lì a blaterare qualcosa sul mio lavoro, sulla distanza, insomma cercavo visibilmente una pezza.
Lui mi fa: "con questo lavoro sarai sempre come gli zingari, prima qui, poi lì. Prima o poi ne dovrai parlare con la tua donna. Ma sono due cose molto importanti: il tuo lavoro e la tua famiglia, devi saperle bilanciare bene"
A quel punto devo aver preso tutte le sfumature del rosso. Poi gli ho detto: "concordo con lei, ma per avere dei figli preferirei stare più vicino a casa. I figli hanno bisogno anche della presenza di un padre"
"Sì" mi fa "ma a volte tua moglie dovrà fare da madre e da padre ai tuoi figli, così come ha fatto la mia" e lì ho sentito la sua voce rompersi per la commozione.
Non ho voluto approfondire il discorso, così ho lasciato calare un imbarazzante silenzio.
Ma Jossuf, riprendendo il suo tono calmo e pacato, ha rotto l'imbarazzo e si è accomiatato in maniera molto signorile.

Chirone

martedì 21 agosto 2012

Certi amori





Pensai a quanti luoghi ci sono nel mondo che appartengono così a qualcuno, che qualcuno ha nel sangue e nessun altro li sa. 
(La bella estate, Cesare Pavese)

venerdì 17 agosto 2012

Se Chirone incontra Aska

E' una notte di fine estate quando il viaggiatore Chirone ritrova inaspettatamente la viaggiatrice Aska. Erano passati tanti anni dall'ultima volta che si erano visti, esattamente quindici: 15 anni di soli e di lune, di popoli e di dialetti, di luoghi conosciuti e di amori stranieri. Si erano incontrati alla prima svolta importante della loro esistenza, nella stagione che si apre alla vita e all'amore. Nei loro sguardi e nei loro gesti tutto era carico di aspettative e di tenerezza, tutto era presente, niente era forse. Su un pullman che sfrecciava verso sud, verso casa, si guardarono e si baciarono. Poi Aska decise che non poteva esserci posto per Chirone nelle sue giovanissime giornate. Aveva voglia di conoscere il mondo da sola, quel timido ragazzino le sembrava quasi di intralcio. Così si salutarono senza cerimonie, nel silenzio senza rancori dei loro quattordici anni.
Dopo quel congedo non si rividero mai più, eppure il ricordo di quel giovanotto che le abita proprio dirimpetto non l'aveva mai abbandonata. Sicché durante un'estate alquanto grigia la quasi trentenne Aska decide di voler rivedere quel suo antico amore, giusto per ricordare il tempo che fu e sorridere agli anni che passano, tanto per dare un po' di colore a quelle giornate fiacche.
Eccolo lì Chirone con lo stesso sorriso e lo stesso sguardo di quando era adolescente, lo stesso fare garbato e riservato. Eccolo lì Chirone, nascosto nei suoi vestiti da motociclista, con i suoi capelli scompigliati. Di fronte a lui una Aska meno sfrontata, meno sicura sul domani, ma sempre piena di tante parole, con la sua maglietta verde e i grossi orecchini. Eccoli lì mentre si raccontano quindici anni di lontananza, mentre insieme scoprono e riscoprono le bellezze della loro terra, mentre provano a rendere eterna questa loro strana estate, tentando in tutti i modi di allontanare il momento della partenza. Questa volta è Chirone che deve congedarsi da Aska, è tempo di diventare adulto, di andare lontano, di cercare la propria strada.
Eccoli qui Aska e Chirone, 12 mesi dopo quel primo passo di un viaggio arduo e emozionante, durante un'altra estate di passione, lacrime e attese.

"Morcone, 17 agosto 2012.
Dunque è passato un anno: UN ANNO da quel nostro incontro. Chiudo gli occhi e ti rivedo che alzi la birretta per salutarmi, mentre le mie labbra si spalancano in un sorriso. Siamo lì a Santa Croce, tu vestito di nero e io con la mia maglietta verde, 15 anni dopo il nostro ultimo saluto. Eccoci lì noi due quasi trentenni che ci incontriamo sempre ad una svolta della vita, mai un momento prima mai un momento dopo.
Se qualcuno quella sera mi avesse fermato per dirmi che un anno dopo avrei avuto cuore e testa legati a quel quattordicenne motociclista, non ci avrei creduto. Mi sarebbe sembrata un'assurdità. Ancor più se qualcuno mi avesse predetto tutte le condizioni del nostro rapporto avrei sgranato gli occhi e avrei aggiunto, senza dubbi, "ma siamo pazzi". E, invece, eccoci qui - dopo 12 mesi - in questo legame folle, difficile, ma bello!
Commemoro nella mia testa tutti i momenti trascorsi insieme, tutte le nostre chiacchierate, gli sguardi, le risate, l'emozione di leggere le nostre mail, il cuore in gola ogni volta che sul telefono leggo "Iran", le attese e i saluti all'aeroporto, le nostre affettività, i nostri viaggi immaginari, le nostre reali mangiate, i tuoi abbracci e i tuoi morsi, quel sentirti così vicino a me quando ti stringo forte e quando ci parliamo a distanza.
Ecco cosa sei per me: un'emozione lunga un anno".


Shed a tear 'cause I'm missin' you 
I'm still alright to smile 
Girl, I think about you every day now 
Was a time when I wasn't sure 
But you set my mind at ease 
There is no doubt 
You're in my heart now 

Said, woman, take it slow 
It'll work itself out fine 
All we need is just a little patience 
Said, sugar, make it slow 
And we come together fine 
All we need is just a little patience 




giovedì 2 agosto 2012

Agosto




Nostalgia del presente

In quel preciso momento l'uomo si disse:
che cosa non darei per la gioia
di stare al tuo fianco in Islanda
sotto il gran giorno immobile
e condividere l'adesso
come si condivide la musica
o il sapore di un frutto.
In quel preciso momento
l'uomo stava accanto a lei in Islanda.

Jorge Luis Borges

venerdì 20 luglio 2012

Mary Grace

Quale deserto
quale buia ed intricata foresta
dovrò ancora
e ancora attraversare
per conoscere te.
Ho inciampato in anime dure come sassi
ne ho saltato di vuote come precipizi
e il mio sguardo si fermava sul limite
tra sofferenza e desiderio.
Tu lì non c'eri, ti ho cercato
in ogni alba e in ogni tramonto.
Cammino faticosamente tra i rovi acuminati
di contraddittori sentimenti,
non ho più catene che m'imprigionano ad illusioni.
L'unico mio pensiero è di non perdermi,
di più, di non svilirmi.
Per questo forse dovrei soltanto fermarmi.

Mariagrazia Anna Di Nardo

Per descrivere Mariagrazia sceglierei un unico aggettivo: profonda. Guardi dentro di lei e scopri un mondo contraddistinto dal Bello, in cui l'Altro si sente profondamente compreso e protetto. Ha quella sensibilità, con vette vertiginose, che solo certe poetesse posseggono. Ha dote di profeta.
Siamo state compagne di studi e di vita quando frequentavamo la facoltà di lettere e filosofia dell'università di Roma Tor Vergata (ove fu ribattezzata Mary Grace da alcuni colleghi). Per molti anni abbiamo spezzato insieme il pane delle attese, delle speranze, dei progetti, delle passioni. E'stata presente in un periodo felice e fecondo della mia vita; per questo è tra i ricordi più teneri a cui mi aggrappo in certe giornate autunnali. 
Ha salutato Roma nel momento in cui non riusciva più ad avere il nutrimento di cui il suo essere necessitava e si è chiusa dietro di sé la porta della città eterna per seguire il vento nuovo del nord, compiendo un taglio senza drammi. Ora, a distanza di anni, capisco il perché di quel cambiamento; ora, più che a quel tempo, condivido, invidio, rispetto quella scelta. Forse perché non ho mai avuto il suo coraggio: il coraggio di aprire un'altra porta.
Questo post dedicato a lei e alle sue parole nasce dopo aver letto il suo status facebook. La sua voce continua a confondersi con la mia, i suoi pensieri sono sempre gemelli dei miei. Era ora che Aska, nel suo misero spazio, rendesse omaggio a quell'anima straordinaria di Mary Grace.




Ripensando a questo mese, vissuto l'anno scorso, ricordo che sentivo crescermi una certa morte dentro. Oggi mi sento più viva e forte che mai. In questo tempo da allora trascorso, ho imparato a distruggere le illusioni, distinguendole dalle speranze, ho compreso che la propria vita non deve mai essere turbata in alcun modo dalle intemperanze altrui, ma deve essere il risultato di una continua scelta, in cui le uniche difficoltà che s'incontrano derivano dalle assunte responsabilità. Ho capito che il percorso che sto compiendo è un insieme di passi sempre più radicato, sempre più autentico nella costruzione della mia identità: un percorso infinito, sempre ad un bivio, ricco di conoscenza, ricerca e in cui la bellezza di ciò che scopro, la fantasia, sono le uniche fonti di leggerezza che voglio, le mie ali della libertà.
Sono grata alle persone che hanno condiviso con me e continuano a farlo in modo sincero, questa strada, tra dolori e gioie della quotidianità.
(su Facebook in data 17 luglio 2012)



Dove nascesti figlio della pace?


Dove nascesti figlio della pace?
In una terra rimasta inesplorata,
ma poi di lì mi allontanai per qualche tempo,
mettendo un piede in un luogo di tormento.
M'imbrattai di visioni oscure,
guardai verso il sole 
e non vidi che dolore.
Mi chiesi se ci fosse un limite a tutto questo,
ma soltanto una risposta ne trassi:
Tu conosci un altro popolo simile a questo?
Un popolo che ha paura persino dei propri bambini,
che li usa e ne abusa, 
per renderli per certe infami cause degli assassini?
Ecco tornando verso la mia amata terra, 
non sarà possibile cancellare questi momenti, 
e porterò negli occhi immagini di desolazione e di guerra.
Tuttavia sono il figlio della pace e dico:
per ogni lacrima che sarà versata 
nascerà un giglio e questa amara terra io benedico,
arriverà quel giorno in cui ogni essere umano capirà
che la vita è quel diamante più prezioso, 
che una volta perso per violenza o per aver rubato dignità,
l'avrà sprecata per sempre e mai più, mai più a lui ritornerà.



https://www.facebook.com/pages/Mariagrazia-Dinardo/156331844477778

Rossella

E' stata liberata Rossella Urru, la cooperante sarda rapita nove mesi fa in Algeria. Finalmente. 
Il mondo del web, che nei mesi precedenti si era mobilitato in massa, esplode di gioia. Il motivo di tanta partecipazione emotiva risiede forse nel fatto che la Urru è una donna, una giovane donna che ha deciso di intraprendere un mestiere nobile e rischioso.
Nonostante i mesi di prigionia spera di tornare presto ad occuparsi dei suoi progetti in Africa. Quando ho letto questa sua dichiarazione mi sono commossa. E mi sono sentita tanto orgogliosa, perché la mia generazione può vantare persone come lei che si spendono con entusiasmo, fatica, dedizione per il proprio lavoro. In un'Italietta di soubrette in politica, di corpi manovrabili, di insulse menti femminili, ecco una ragazza (classe 1982) su cui puntare il dito con fierezza. 
Mentre facevo questi pensieri ho letto su Facebook lo status di un mio conoscente, che recitava più o meno così: "a Rossè, la prossima volta statte a casa". Lui, maschio poco più che trentenne, della periferia romana, elettore del Pdl: i requisiti parlano da soli, non c'è bisogno di aggiungere vocaboli; chiunque può leggervi palesemente "stolto" "pericoloso" "ignorante". 
L'irritazione si è placata solo quando ho scambiato delle opinioni in merito al tizio in questione con mia sorella e una mia amica di infanzia. Dalla stima che ho per queste persone (inutile dirlo anche loro infastidite dall'ennesima uscita della nostra conoscenza) ho sentito rinascermi la speranza. Saranno loro (Rossella, Antonella, Martina, ecc..) in qualità di mamme, di professioniste, di studiose, di educatrici, di cittadine probe a partorire una società di giusti.
Bentornata in patria Rossella! 



mercoledì 18 luglio 2012

Eugenia

Eugenia Bulat nasce nel 1956 a Sadova nel Distretto di Călăraşi, in Bessarabia, (Moldavia). 
Ha studiato presso l'Università di Stato di Chişinău e presso l'Università Pedagogica "Ion Creangă". 
Primo sindaco democraticamente eletto nel suo villaggio natìo dopo il 1989, ha lavorato come professoressa, giornalista (Agenzia Nazionale Moldpres) ed editore. È stata fondatrice e conduttrice del cenacolo letterario "Iulia Hasdeu" (1991) e della rivista letteraria L'attimo Siderale (1995), appoggiata dall'Istituto Culturale Romeno di Bucarest (Premio di Stato per la Letteratura, Chişinău, 2009). 
Dal 2007 vive a Venezia.





Leggera mi sento,
                     troppo leggera,
                                sorella del fumo...
scossa da tanta vita,
                       da tante vite...


Non sapevo, mio Dio,
                     di averne soltanto una...


Davanti ad essa,
           come un bimbo desolato,
                                rimasto da solo...

(Venezia, 5 ottobre 2007)



....Ad un tratto senti:
                     il mondo intero è in te,
sei un vaso compiuto,
                    !stracolmo.

Non la cerchi più,
                      non corri più,
                                 non c'è fretta...
e cammini a ritroso
                      come capro indomito,
                                 come granchio,
                                            per istinto.

Nulla ti sorprende,
                      nulla ti meraviglia,
hai l'età della tartaruga:
                      trecento-anni...

Dio, a volte,
                     ri-ve-la-ti-ri-ve-lan-do,
ti può incantare:
                      con un tramonto -
                                 con una montagna -
                                            con un filo d'acqua...

Allora percepisci
                      quanto sei giovane,
quando scendi a ritroso
          per-piangere-senza-voce
                               !perché-vedi-la-luna...

Quando corri turbato,
                     per il pericolo in agguato,
e i tuoi pargoli
                      /in-uno-statico-perfetto/
                               te guardano, indulgenti
                                                     sorridenti...
(Venezia, 27 settembre 2007)


Le poesie sono tratte dal volume Venezia ti fu data (Diario di una latitante dell'Est), Casa Editrice Cartier, Chişinău, 2007.


giovedì 28 giugno 2012

Fine giugno per la signorina G



Agonia


Girerò per le strade finché non sarò stanca morta
saprò vivere sola e fissare negli occhi
ogni volto che passa e restare la stessa.
Questo fresco che sale a cercarmi le vene
è un risveglio che mai nel mattino ho provato
così vero: soltanto, mi sento più forte
che il mio corpo, e un tremore più freddo
accompagna il mattino.

Son lontani i mattini che avevo vent'anni.
E domani, ventuno: domani uscirò per le strade,
ne ricordo ogni sasso e le striscie di cielo.
Da domani la gente riprende a vedermi
e sarò ritta in piedi e potrò soffermarmi
e specchiarmi in vetrine. I mattini di un tempo,
ero giovane e non lo sapevo, e nemmeno sapevo
di esser io che passavo-una donna, padrona
di se stessa. La magra bambina che fui
si è svegliata da un pianto durato per anni
ora è come quel pianto non fosse mai stato.

E desidero solo colori. I colori non piangono,
sono come un risveglio: domani i colori
torneranno. Ciascuna uscirà per la strada,
ogni corpo un colore-perfino i bambini.
Questo corpo vestito di rosso leggero
dopo tanto pallore riavrà la sua vita.
Sentirò intorno a me scivolare gli sguardi
e saprò d'esser io: gettando un'occhiata,
mi vedrò tra la gente. Ogni nuovo mattino,
uscirò per le strade cercando i colori.

(Cesare Pavese)

mercoledì 27 giugno 2012

Chi dobbiamo ringraziare?


Riporto un articolo uscito il giorno 26 di giugno sulla 27/Ora del Corriere. È scritto da una ragazza di 30 anni, che con le sue parole rappresenta disagi e pensieri della nostra generazione.
Mia madre per infondermi coraggio ogni giorno mi segnala le difficoltà che gli altri (e per altri si intende coloro che hanno un percorso di studio diverso dal mio) vivono alla stessa maniera di me. Ieri era il numero esorbitante di candidati per un concorso per farmacisti in Campania (pare 5000 a fronte di 80 posti disponibili).
"Lo vedi che non sei solo tu, non è solo la tua categoria ad avere difficoltà". Come se apprendere di farmacisti, avvocati o architetti senza lavoro alleggerisse il senso di fallimento che provo ogni qualvolta mi fermo a pensare alla mia condizione (ovvero quotidianamente).
Chi dobbiamo ringraziare per aver regalato ad un'intera generazione - e non ceto sociale o categoria lavorativa ma UN'INTERA GENERAZIONE - il sogno della precarietà, della rassegnazione, dello scoramento, della mancanza di progettualità e di tutti i disturbi psicologici annessi?

(http://27esimaora.corriere.it/articolo/mi-padre-dice-che-dovre-emigrare-e-il-segno-che-non-ci-sono-piu-alternative/)

Mio padre dice che dovrei emigrare. E’ il segno che non ci sono più alternative?

Il 10 aprile 2012 ho compiuto 30 anni. Tutti mi dicevano che sarebbe cambiato poco, invece per me è cambiato tanto. È come se mi si fosse riversato addosso un secchio di responsabilità che si chiama “consapevolezza”. Sono sempre stata una persona abbastanza consapevole, ma da due mesi a questa parte sono diventata “consapevolmente consapevole”.

Sono abbastanza sicura di poter affermare che compiere 30 anni a metà degli anni ’70 sarebbe stato diverso. Ascoltare i miei genitori parlare di quante prospettive e fiducia rimettevano nel loro futuro, mi riempie di invidia. Era facile trovare un posto di lavoro, comprare una casa, costruire una famiglia e quindi lavorare e riuscire a vivere le relazioni. C’era posto per tutti e questo vuol dire entusiasmo, fiducia e progettualità. Una vita bella.

Oggi tutto questo non c’è più. Infatti, questi sentimenti si sono dissolti in anni di gravissima inconsapevolezza, marchiata da truffe, raccomandazioni, ignoranze, burocrazie ed enormi bugie. Anni di lavaggio del cervello e distruzione della cultura ormai ridotta a brandelli perché non più usufruibile dalle masse, hanno reso la situazione irrisolvibile. Come si fa a vivere senza cultura? La cultura regala la fantasia, rende le persone educate, speranzose, interessate. Dovrebbe essere la prima cosa da sostenere e proteggere per far si che le nuove generazioni si nutrano di cultura per costruire qualsiasi cosa con garbo, intelligenza ed entusiasmo. Dovrebbe essere consegnata la mattina davanti alla porta di casa insieme al giornale.

Ma mi sono resa conto che in Italia manca la cosa più importante: il rispetto civile. Il danno più grave. La corruzione e la mafia dei privati e della classe politica ne sono l’esempio più evidente, ma altrettanto palese è la difficoltà reale di gestire qualsiasi tipo di contatto in maniera gentile ed educata cioè civilmente rispettosa. Non siamo cattivi, ma penso che anni e anni di grandi sacrifici e attesa nella speranza che le cose cambino, abbiano svuotato il popolo di un ingrediente fondamentale per vivere bene, la fiducia. La mancanza di fiducia nel nostro caso ha portato alla disgregazione degli obiettivi comuni lasciando le persone sole e costrette a curare il proprio orticello, abbandonando ideali di comunità e socialità che tengono un popolo unito ed educato nei confronti delle istituzioni e della giustizia.

Avere 30 anni oggi è difficile. Alzarsi la mattina sapendo che non ci sono certezze è difficile. Avere paura di non sapere dove si potrebbe andare a sbattere la testa perché potrebbe accadere di tutto è difficile. È difficile perché le conseguenze di queste sensazioni distruggono le piccole cose. E le piccole cose sono la vita vera. Le relazioni si distruggono. Le amicizie si allontanano. Il sostrato sociale diventa cinico. Sono ben certa di non poter avere la possibilità di comprare una casa, a meno che non accetti l’aiuto della mia famiglia, e questo non è poi così grave, ma grave è la sensazione di non riuscire a tenere insieme gli affetti perché ognuno è costretto a decidere in base alle PROPRIE esigenze. Non ci si può più permettere di tenere conto delle esigenze degli altri. La difficoltà che può nascere nel gestire una relazione a distanza per motivi di lavoro può distruggere un amore o svilire le amicizie e porta ad una sorta di solitudine che allontana e separa le persone. E quando l’amore e l’affetto cominciano a soffrire di situazioni contingenti enormi e assolutamente ingestibili vuol dire che siamo arrivati alla fine. La nostra generazione è maledetta. Segnata fino alla fine.

Siamo nati nel boom economico, siamo cresciuti viziati e non abituati a lottare, ci ritroviamo adulti senza sapere come affrontare questa situazione svilente e preoccupata di cui non si conosce la fine. Stiamo pagando e pagheremo per molto altro tempo ancora i danni generati da tante generazioni prima di noi e stiamo cominciando a capire che cosa vuol dire veramente essere italiani.

Come dice mio papà, una soluzione è emigrare. Non pensavo di poter sentire una cosa del genere uscire dalla sua bocca. E lì forse ho realizzato quanto può essere e diventare grave il momento. Ora capisco perché il mio bisnonno ha lavorato per tanti anni in Canada. Non c’erano alternative. Oggi, come ieri non ce ne sono quasi più.

Non c’è una soluzione a tutto questo, ma forse cercare di vivere ogni giornata della propria vita in modo onesto, consapevole e civilmente rispettoso nei confronti di tutti potrebbe essere un piccolo passo per iniziare a cancellare definitivamente atteggiamenti di insensibilità e faciloneria italiana che hanno distrutto questo popolo che sono sicura ha ancora voglia di continuare a fidarsi per dare un’opportunità ai nostri figli di vivere un’Italia che sia quello che si merita di essere: onesta, cortese, leale, goduriosa, divertente e civilmente rispettosa.

Sarà il clima disastroso che si respira nel nostro paese o una piccola ruga che non avevo mai notato vicino agli occhi, ma a me questi 30 italiani, per ora non sono sicura che mi piacciano poi così tanto.