martedì 31 maggio 2011

La più bella dichiarazione politica


"Abbiamo scassato tutto"









E la nostra gioia è IMMENSA! Grande Napoli!

Até logo, irmã!

Mia cara amica,
fra poche ore prenderai quell'aereo che ti riconsegnerà alla tua famiglia, ai tuoi amici, alla tua patria, lasciandoti alle spalle quasi due anni di vita italiana. Eri giunta a Roma con una valigia carica di speranze per un Paese che pensavi ti avrebbe potuto valorizzare di più. Invece, né la tua laurea in lingua inglese e italiana né le passate esperienze lavorative ti sono servite per poter trovare un pezzetto di sole italiano. Fare la baby-sitter o la receptionist di un piccolo bed and breakfast è stato tutto quello che questa terra sfiancata - e questa città dai poteri oscuri - siano state in grado di offrirti. Un tantino umiliante per te che conosci la lingua meglio di tanti miei connazionali e hai una tempra da vera guerriera. Hai resistito per tanti mesi, forse troppi, ignorando spesso quel senso di sconfitta che provavi ogni qualvolta eri costretta a fare qualsiasi lavoretto per far fronte ai costi spropositati di questa città. Tanti sacrifici e poche gratificaticazioni. Poi un bel giorno la tua pazienza è giunta al termine ed hai deciso di prendere la via di casa, di tornare nella tua Lisbona, lasciandoci qui a piangere per un Paese che non è in grado di valorizzare i talenti, siano essi locali o stranieri, che strizza la pazienza di chi non conosce le persone giuste, di chi ha studiato tanto e viene sistematicamente respinto.
Nonostante tutto ciò so che rimpatri con il cuore traboccante di ricordi emozionanti. Questa città ti ha chiesto molto, ma ti ha dato anche tanto calore. Torni a casa con una lista di persone da serbare per lungo tempo nel cuore. Ne hai avuto conferma in questi ultimi giorni con noi: è stato un continuo festeggiarti. Era proprio bello vedere in quanti sono accorsi a salutarti, a ringraziarti del tempo e dell'amore ricevuto da te. Non poteva essere diversamente dato il tuo essere Speciale!
Amica mia, avevo deciso che con questo post ti avrei detto tutto ciò che non sono riuscita a proferire a voce a causa dell'emozione. Tuttavia persino in questo spazio mi risulta arduo. Io che sono brava ad accomiatarmi dagli altri, proprio con te non sono riuscita a mettere in fila un pensiero di ringraziamento. Per questo motivo consento alle lacrime di fioccare copiose sulla tastiera, è l'unico modo che ho per poterti dire obrigada.
Solo noi due sappiamo quanto siano stati importanti i momenti passati insieme, quanta Vita abbiamo condiviso, quanto ci siamo profondamente amate. Non a caso ci chiamiamo "sorella" o "irmã". Non a caso sei stata al mio fianco in questa fase della mia esistenza. Non a caso tutto, proprio come i grandi amori.
Até logo, sorella lusitana dalla pelle d'ebano.
Aska



Gli amici rappresentano un mondo dentro di noi, un mondo che non sarebbe mai nato senza il loro arrivo, ed é solo grazie a questo incontro che tale nuovo mondo é nato.
(Anaïs Nin
)

mercoledì 25 maggio 2011

Auguri Bob!

Bob Dylan ha compiuto 70 anni. E io lo festeggio spalmandomi sul viso grandi sorrisi con questa canzone.

But where are you tonight, sweet Marie ?



Well, anybody can be just like me, obviously
But then, now again, not too many can be like you, fortunately.

lunedì 23 maggio 2011

Marina Cvetaeva



"Non faccio alcuna differenza tra un libro e una persona, un tramonto, un quadro. Tutto ciò che amo lo amo di un unico amore"
(Il paese dell'anima. Lettere 1925-1941)


Alla mia povera fragilità
guardi senza sprecar parole.

Tu sei di pietra, ma io canto.
Tu sei un monumento, ma io volo.

Io so che il più tenero maggio
all'occhio dell'Eternità è nulla.

Ma io sono un uccello e non incolparmi
se una facile legge m'è imposta.

(16 maggio 1920)



Avendo il coraggio

Nelle giornate in cui si innamora di Marina Cvetaeva, Aska si trova a pensare in continuazione a Mosca. E non lo fa esclusivamente per motivi letterari, ma soprattutto per questioni personali. Mentre era alle prese con gli annunci di lavoro, tra un sito deprimente e l'altro, si è imbattuta in una proposta davvero interessante. Leggendo i requisiti necessari per inviare la candidatura, con grande stupore, ha constatato che formazione ed esperienza erano quelle richieste. Peccato che stiamo parlando di Mosca. Bella nell'evocarla, meno nel doverla considerare come luogo di residenza. Si fosse trattato di due mesi, forse il tentennamento non ci sarebbe stato. Ma qui potrebbe essere qualcosa di molto lungo.
Eppure, amica mia, ti sei sempre descritta con la valigia in mano, pronta a saltare sul primo aereo disposto a portarti lontano dall'italico suolo. Ora che succede?
Succede che ... non mi sembra fattibile. Non c'entra la distanza, non c'entrano gli affetti, non c'entra una lingua e una cultura tanto diversa, non c'entra nemmeno quell'odioso Putin. Cioè tutti questi aspetti pesano nell'entusiasmo da porre nella scelta, tuttavia non sono determinanti nell'emettere una condanna perentoria. Il problema principale è che non ce la farei a vivere in un posto in cui fa molto freddo, e lo fa pure per tanti mesi l'anno. Sarebbe troppo penoso per me. Decisamente non potrei farlo. Si fosse trattato del Brasile non ci sarebbe stata alcuna forma di indecisione. O quasi.
Sarà colpa solo del clima? Forse quello che ti manca, mia cara Aska dal finto cuore vagabondo, è il coraggio. Il coraggio di partire. E quando parlo di coraggio di partire intendo intraprendere un viaggio dal senso più largo, globale, esperienziale. Il coraggio, darling, il coraggio: con esso puoi fare tutto, o almeno tentare tutto. Cercalo, trovalo, amalo. Abbi il coraggio di avere coraggio nella tua vita.

Avendo il coraggio di ricercare questo coraggio, forse.

domenica 15 maggio 2011

Matrimonio a Bratislava



La scorsa settimana si è sposata una delle mie più care amiche europee, portando all'altare un ragazzo indiano. I due si sono conosciuti a Tubinga, ove entrambi svolgono un dottorato di ricerca (lei in filosofia, lui in biologia). A luglio, discussa la tesi, si trasferiranno a Los Angeles, destinazione centri di ricerca e università californiane.
Ho incontrato per la prima volta la sposa nel 2004, nell'anno dei nostri soggiorni Erasmus. Lei lo stava svolgendo a Roma, io ero stata nell'est magiaro (terra natia dei suoi nonni). In quel periodo Monika era una studentessa di filosofia dell'università di Vienna con una passione folle per l'Italia, corredata di cotanto amore per un bel siciliano. Io, invece, ero di ritorno dal semestre passato a Debrecen, nel cuore un biondino di Budapest, e poca voglia di vivere a Roma. Il suo amore per l'Italia è rimasto intatto, il mio per l'Ungheria un po' meno.
I due sposi hanno detto "sì" nella splendida cattedrale di Bratislava, con una cerimonia in inglese, ungherese e slovacco; alcuni momenti sono stati anche in italiano e tedesco. I preti passavano con tanta naturalezza da una lingua all'altra (a dispetto di quanti sostengono che bisognerebbe usare il latino per unificare i fedeli di diversa provenienza). Il coro, formato dagli amici tedeschi di lei, ha cantato in inglese e in italiano. Sono accorsi amici da ogni parte d'Europa, compresa la delegazione italiana (Genova, e noi da Roma). Forse più che gli invitati o il plurilinguismo della celebrazione, colpiva soprattutto la composizione della famiglia della sposa. Sembrava di essere stati proiettati nel prossimo futuro, quando le famiglie-mondo saranno una prassi e non un'eccezione eccentrica. I suoi genitori appartengono alla minoranza ungherese della Slovacchia; un fratello ha sposato una inglese, mentre un altro una deliziosa giapponese. Con il neosposo hanno acquisito in famiglia un indiano appartenente ad una delle prime famiglie dell'India convertite al cattolicesimo addirittura dai portoghesi (il cognome è tutto portoghese, mentre il nome è tipically british!).
Prima di cominciare il banchetto il padre ha fatto un discorso di ringraziamento in inglese, ungherese, italiano e tedesco. E' stato un momento davvero commovente. Gli sembrava che sulla sua famiglia ci fosse un particolare disegno di fratellanza universale. Loro possono asserire, senza apparire troppo idealistici, che una umanità più vicina, solidale, nuova è in cammino. Mentre lui parlava mi sono venute in mente alcune parole di Julia Kristeva, presenti nel libro "Il rischio di pensare": "Gli stati nazioni che ancora oggi ci sembrano così naturali (tanto che si considera altrettanto naturale che esistano gli stranieri), stanno modificandosi e a lungo termine sono destinati a scomparire in un mosaico di differenze etniche, culturali e personali. Mi piace sognare questo futuro ancora utopico ma in un certo qual modo, ho l’impressione di esserci oggi stesso”.
I vari invitati poi sono stati posizionati al tavolo con un criterio ben preciso: evitare di raggruppare una stessa nazionalità (con grande panico degli italiani, costretti a tenere discorsi in inglese). A parte ciò il matrimonio è stato in perfetto stile slovacco. In tutto. Dalla acconciatura della sposa e della sorella - testimone, allo stile e ai colori degli abiti, alle pietanze. Il bello è stato proprio questo che, a dispetto della globalizzazione e del multiculturalismo, molte cose appartengono al patrimonio nazionale e trasformarle è ancora molto difficile. Per fortuna. A conferma di ciò basti menzionare uno dei momenti topici: la cena è cominciata con una portata abbondante di brodo di pollo. La faccia degli italiani era da immortalare, quella mia in particolare. Mentre tutta Europa mangiava con gusto il primo piatto, noi ci siamo limitati ad un assaggino, giusto per non essere scortesi. In quel preciso momento ho proprio pensato che fossimo salvi: l'omologazione è ancora ben lontana dal contaminarci.





giovedì 12 maggio 2011

Quando la favella non è più tale

E' da tanto, troppo tempo che non oso incanalare i miei pensieri in direzione di questo spazio. Tante le idee e poca la voglia di renderle digitali. Succede. Ci sono periodi di fervore comunicativo e altri di silenzio. Questo è un periodo di stallo totale: nemmeno a voce riesco più ad elaborare dei discorsi coerenti. Spesso, anzi, mi capita di lasciare le frasi a metà, terminandole con uno sbrigativo e immediato verso. Esempio: "è che io vorrei essere più ... gnu, capito?". Decisamente esplicativa.
Un giorno mi sono addirittura chiesta che fine avessero fatto le subordinate. I merletti della lingua italiana (così piacevoli quando non sono troppo ridondanti), sono stati bannati persino dai miei soliloqui, con i quali un tempo esibivo la migliore sintassi e il migliore lessico da me posseduto. Oggi essi sono palcoscenico solo per fugaci coordinate.
Se la complessità morfosintattica non è più tale, in compenso il lessico ha acquisito nuovi confratelli. Qualcuno ha notato "bannati"? Quando l'ho scritto mi sono sentita molto figlia del tempo moderno, mi sono sentita molto giovine.
Ammettiamo pure che allorquando l'ho visto mostrarsi sullo schermo ho provato a pensare ad un termine che avesse meno il sapore di rivoluzione digitale; cioè ne ho cercato - inutilmente - uno proveniente dal remoto secolo dell'analogico, quello più vicino alla mia formazione barra educazione barra cultura barra età. Tuttavia, il maledetto in questione è guizzato fuori con tale preponderanza da scavalcare tutti i possibili colleghi. Benché avessi provato a sostituirlo con altri ritenuti più aristocratici, il borioso neologismo digitale aveva già messo radici nella frase. Ahimè (lungo sospiro), non era la prima volta che una parola à la page prendesse il posto di una di antica tradizione nei miei elaborati didattico - comunicativi. Purtroppo.
Adieu eleganza linguistica, ti ho bramata ma mai fatta mia.


Ps speranzoso: qualora dovessi ricominciare ad usare vocaboli ritenuti dai comunicatori del terzo millennio un tantino desueti, sarà mia premura postarli subito in codesto spazio. Potrebbe trattarsi di un avvenimento di portata megagalattica.