giovedì 16 febbraio 2012

Lobo Antunes mi insegna

Il mio professore di Storia contemporanea all'università diceva sempre che se si vuole capire bene il Novecento è necessario leggere tanta letteratura. È con i romanzi, aggiungeva, che la storia si sarebbe sedimentata dentro di noi molto più di tutti i manuali che saremmo stati costretti a studiare. Ogni volta che mi trovo davanti un libro in cui il tempo è un protagonista indiscutibile penso alle sue parole. Credo che la pagina sulla Resistenza mi sia stata insegnata soprattutto da Beppe Fenoglio, Renata Viganò, Carlo Levi, Carlo Cassola, Italo Calvino; per non parlare del lavoro che hanno fatto su di me Il Gattopardo, I viceré, I vecchi e i giovani, Metello (per citare i primi titoli che mi sono venuti in mente). Su tutti troneggia La Storia di Elsa Morante: ogni volta che mi reco nel quartiere San Lorenzo a Roma "rivedo" i palazzi distrutti dal bombardamento del luglio del '43 con le parole della scrittrice romana, e mi commuovo. Piccolo inciso: il personaggio di Ida è il più bello di tutta la letteratura italiana novecentesca (secondo me).
Io direi che per avere un'idea chiara del passato, però, non sono importanti solo i grandi scrittori, talvolta anche il cinema diventa maestro. Se si vuole capire com'era la società statunitensa negli anni '50 bisogna guardare un film meraviglioso, Lontano dal Paradiso (Far from Heaven, di Todd Haynes, 2002). Preparai l'esame di Storia degli Stati Uniti pensando e ripensando a quel film e a quelli di Douglas Sirk (a cui l'opera di Haynes si ispira). Ancora oggi se mi capitata di sentire dei riferimenti a quel periodo storico ripenso a quell'esame e al cappotto rosso fuoco di Julianne Moore! 
Tutto questo era per introdurre un libro che ho appena finito di leggere e che ho amato molto. Si tratta de Lo splendore del Portogallo di Antonio Lobo Antunes, considerato da molti il miglior scrittore portoghese vivente. 
Perché questo libro è stato importante per la mia formazione? Perché per la prima volta ho capito che cosa è stato il colonialismo portoghese. Le vicende, infatti, si snodano tra Lisbona e l'Angola, sebbene sia soprattutto quest'ultima con i suoi rapaci coloni la protagonista indiscussa del romanzo. Impietoso, Lobo Antunes, nel descrivere i portoghesi in terra di Africa: ambiziosi, corrotti, avidi. Una volta abbandonata l'Angola in preda alla guerra civile troveranno una vita lusitana poco generosa nei loro confronti. In patria finiscono per diventare i negri dei portoghesi (come uno dei protagonisti dichiara). Essi sono proprio la migliore rappresentazione del falso splendore del colonialismo portoghese.


Mio padre soleva spiegare che ciò che eravamo venuti a cercare in Africa non era denaro né potere ma negri senza denaro e senza nessun potere che ci dessero l'illusione del denaro e del potere [...] mio padre soleva spiegare che ciò che eravamo venuti a cercare in Africa era trasformare la vendetta di comandare in ciò che fingevamo fosse la dignità di comandare.


Lo Splendore del Portogallo (O esplendor de Portugal), Antonio Lobo Antunes, Einaudi, 2002. 


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