domenica 28 luglio 2013

Primo Shabbat di mare

Finalmente è arrivato il primo bagno in mare targato 2013. Quest'anno ci siamo battezzati nelle acque calde e mondane del Mediterraneo israeliano, per la precisione in quelle glamour di Tel Aviv. 
Dopo aver visitato Gerusalemme, non potevamo non dedicare il nostro secondo Shabbat alla visita della capitale economica del Paese, considerata la Miami del Middle East per le spiagge bianche, pullulanti di gente in formissima e circondate da enormi palazzi. 
Avevo stabilito che come prima tappa saremmo dovuti andare nell'antico quartiere di Jaffa, unico sito proveniente dal mondo antico in una città nata - come me - nel '900. Come al solito ho le idee, ma manco di organizzazione. Così ci siamo messi in macchina guidati dalla mia convinzione che il posto fosse a nord di Tel Aviv. Ebbene, si è verificato esattamente quello che accade ogni volta che sono convinta di una cosa: è l'esatto contrario. Sicché dopo aver girovagato lungo le superstrade che circondano la città cercando di trovare un cartello con la scritta della nostra destinazione, Stefano ha suggerito pacatamente di usare il navigatore del mio cellulare. Chi ha la straordinaria capacità di indicare la svolta sbagliata anche quando è ben visibile sullo schermo? Io, naturalmente. Non so come si chiami questo deficit di orientamento, ma forse dovrei provare a sanarlo. Giuro che a piedi ricordo tutto e mi so muovere senza problemi, in macchina o con l'ausilio di strumenti elettronici proprio no. 
Ad un certo punto leggo sul display: tra 300 metri svoltare Gaza. Gaza??? "Stefano, stiamo andando a GAZA!". Per la prima volta ho visto gli occhi dell'ingegnere spalancarsi di terrore. Diciamo che il nostro spirito di conoscenza è alquanto latitante in Israele, cerchiamo di andare solo in posti quasi sicuri, diffidiamo di luoghi e di persone, ci lasciamo facilmente suggestionare da tutto ciò che potrebbe far pensare alla parola "attentato". Se persino a Gerusalemme non eravamo così tranquilli, figuriamoci andando in direzione di Gaza. 
A quel punto l'ingegnere ha preso in mano la situazione occupandosi lui stesso del navigatore. Peccato che arrivati a Jaffa ha pensato bene che fosse troppo araba (e quindi insicura) per i suoi gusti, proibendomi di scendere dalla macchina per cercare la piazza con l'orologio o l'antico porto. Addio, pertanto, gita culturale; lo Shabbat doveva essere passato in tutto e per tutto sulle mondane spiagge telaviviane. 



















Due note sui costumi locali: 
1) gli uomini sono tutti in forma e depilati. Lungomare ci sono degli spazi attrezzati a palestra, accessibili gratuitamente, dove vedi dilettarsi questi energumeni quasi finti. Le donne, con mia somma gioia (sììì! Non mi sono sentita tanto come una dalle forme irregolari), non sono così ben scolpite. Mentre gli uomini passano il tempo a delineare la circonferenza dei bicipiti o a correre sotto il sole, esse si scialano tranquillamente al sole. 
2) non si scambiano effusioni in pubblico! Di coppie ce n'erano tante, ma sia in spiaggia che lungo il boulevard non ho assistito a scambi di affettuosità. La cosa ha lasciato piuttosto interdetta me e felicissimo il mio riservato ingegnere, che nella nostra spudorata (!) Europa biasima i gesti troppo intimi scambiati sotto lo sguardo di estranei (a cominciare dalla tendenza a dover comunicare necessariamente con il contatto fisico della sua fidanzata, europea del sud e pertanto super spudorata). 


Di seguito il link della comunità ebraica di Bologna, in cui si spiega che cos'è lo Shabbat: http://www.comunitadibologna.it/index.php?option=com_content&task=view&id=87

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