sabato 17 marzo 2012

Un piccolo regalo da Gokmen

Gokmen è un mio studente. E' un ingegnere turco che lavora a Milano e segue le mie lezioni di italiano via skype.
Oggi ha compiuto un gesto straordinario: mi ha mandato per mail un brano di Calvino che aveva letto. Mi ha riempito di gioia.
E' motivo di grande orgoglio - per un insegnante di lingue - quando uno studente ti associa alla letteratura e alla cultura del tuo Paese: vuol dire che per lui non sei solo uno scarno fornitore di strumenti linguistici, ma sei il suo mentore nella conoscenza della tua cultura.
Giacché i beni vanno fatti circolare, Aska ve ne fa dono.


L’uomo che chiamava Teresa

Scesi dal marciapiede, feci qualche passo a ritroso guardando in su, e, giunto in mezzo alla via, portai le mani alla bocca, a megafono e gridai verso gli ultimi piani del palazzo: Teresa!

La mia ombra si spaventò della luna e mi si rannicchiò tra i piedi.

Passò uno. Io chiamai ancora: Teresa!- Quello s’avvicinò, disse: Se non chiamate più forte non vi sente. Proviamo in due. Allora: conto fino a tre, al tre attacchiamo insieme- E disse:- Uno, due, tre.- E insieme gridammo: Tereeesaaaaaa!

Passò un gruppetto d’amici che tornavano dal teatro o dal caffè e videro noi due che chiamavamo. Dissero:- Su, che vi diamo una voce anche noi- E anche loro vennero in mezzo alla strada e quello di prima diceva uno due tre e allora tutti in coro si gridava: Te-reeeee-saaaaa!

Passò ancora qualcuno e si unì a noi; dopo un quarto d’ora eravamo radunati in parecchi, una ventina, quasi. E ogni tanto arrivava qualcuno nuovo.

Metterci d’accordo per gridare bene, tutti insieme, non fu facile. C’era sempre qualcuno che cominciava prima del tre o che tirava troppo in lungo, ma alla fine si riusciva a fare già qualcosa di ben fatto. Si convenne che- Te- andava detto basso e lungo, -re- acuto e lungo,- sa- basso e breve. Veniva molto bene. Poi ogni tanto qualche litigio per qualcuno che stonava.

Già si cominciava a essere affiatati, quando uno, che a giudicare dalla voce, doveva avere la faccia piena di lentiggini, chiese: “Ma siete proprio sicuro che sia in casa?”

“Io no” risposi.

“Brutt’affare,” disse un altro. “Dimenticato la chiave, vero?”

“Per quello,” dissi “Io la chiave ce l’ho.”

“Allora,” mi si chiese, “perché non salite?”

“Ma io non sto mica qui,” risposi. “Sto dall’altra parte della città.”

“Ma, allora, scusate la curiosità,” chiese circospetto quello con la voce piena di lentiggini, “qui chi ci sta?”

“Non saprei davvero” dissi.

Ci fu un pò di malcontento intorno.

“Ma si può sapere allora,” chiese uno con la voce piena di denti, “perché chiamate Teresa qua sotto?”

“Per me,” risposi “possiamo anche chiamare un altro nome, o in un altro posto.”

Per quel che costa. Gli altri ci rimasero un po’ male.

“Non avete voluto mica farci uno scherzo?” chiese quello delle lentiggini, sospettoso.

“E che?” dissi, risentito e mi voltai verso gli altri a chieder garanzia delle mie intenzioni. Gli altri restarono in silenzio, mostrando di non avere raccolto l’insinuazione. Ci fu un momento di disagio.

“Vediamo,” disse uno, bonario. “possiamo chiamare Teresa ancora una volta, poi ce ne andiamo a casa.”

“E si fece ancora una volta- uno due tre Teresa!” ma non riuscì tanto bene. Poi scantonammo, chi da una parte, chi dall’altra.

Ero già svoltato in piazza, quando mi parve di sentire ancora una voce che gridava:

Teeee– reeee — saaaaaa!

Qualcuno doveva esser rimasto a chiamare, ostinato.


Italo Calvino
Prima che tu dica 'Pronto'

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