lunedì 19 dicembre 2011

Lo scrittore che diventò presidente: Václav Havel

Un paio di anni fa ho svolto un tirocinio presso la Biblioteca Nazionale di Roma. Nella sala di scienze giuridiche e sociali, ove scelsi volutamente di lavorare, c'era una bibliotecaria che aveva la capacità di alimentare la mia fantasia quotidianamente grazie al modo in cui si agghindava (restavo a bocca aperta per le sue collane, i suoi bracciali in stile etnico - costoso, i suoi vestiti rossi), alla sua lunga chioma fulva e soprattutto alla sua vita. Aveva un passato da militante del PCI e da femminista, e un presente votato al sociale e a piangersi addosso per le sventure coniugali. Quando riusciva a sottrarmi alla responsabile della sala, mi braccava con i suoi racconti riguardanti le varie battaglie tenute in giro per il mondo. "Dott. ssa F., in questo periodo sto leggendo la biografia di una scrittrice del Nicaragua", "Oddio il Nicaragua! Ricordo quando siamo andati in Nicaragua a fare la marcia per la pace. Avevamo lo scalo a Mosca, era il 24 dicembre...". Facevo sempre così: le offrivo degli spunti affinché mi aprisse una finestra sull'ardore per i diritti civili della sua generazione, su quell'ardore per le cose da cambiare che la mia generazione sembra non conoscere.
La mattina, appena arrivata, mi passava L'Unità. Un giorno mi fermai a lungo a leggere la pagina della cultura: c'era un articolo sul Václav Havel drammaturgo. Ricordo che, una volta a casa, presi la lista dei libri da leggere e inserii subito alcune sue opere. Ogni volta che penso alla mia amica bibliotecaria rossa, penso sempre al proposito di esplorare l'Havel scrittore. Chissà perché, strani meccanismi tengono assieme i miei ricordi e i miei propositi.
Alla notizia della scomparsa dell'autore ceco sono andata a prendere la mia famosa lista: "Il potere dei senza potere" e "Lettere ad Olga" sono sempre lì, in bella vista. E' giunto il tempo di adempiere a quel vecchio desiderio di conoscenza. Penso che il 2012 possa essere l'anno giusto per il nostro incontro.
Intanto, mi sembrava doveroso ricordarlo in questo spazio. Evito di fare accenni alla rivoluzione di velluto, al muro di Berlino e a quant'altro riguardi la sfera politica di quest'uomo, voglio solo fermarmi a salutare lo scrittore Havel, lo scrittore che divenne presidente.

La Speranza

O abbiamo la speranza in noi, o non l'abbiamo;
è una dimensione dell'anima,
e non dipende da una particolare osservazione del mondo
o da una stima della situazione.
La speranza non è una predizione,
ma un orientamento dello spirito e del cuore;
trascende il mondo che viene immediatamente sperimentato,
ed è ancorata da qualche parte al di là dei suoi orizzonti.




Essere vittoriosi grazie alle proprie sconfitte.
(Lettere a Olga, 1988)

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