domenica 11 dicembre 2011

I 100 anni di Mahfuz

Spendo le ore più nobili del momento presente in una scuola d'italiano per rifugiati politici. Questo venerdì mi hanno chiesto di andare in una nuova classe per sostituire una delle insegnanti. Arrivo, mi presento, ci presentiamo. Tra i soliti rumorosi afghani, un bellissimo eritreo e un antipatico curdo, c'è un uomo egiziano. Quando mi dice che viene da Il Cairo sento salire la commozione, penso a piazza Tahir, a piazza Tahir colma di manifestanti e di volontà di cambiamento. Mi dice in un italiano stentato che è in Italia da circa 4 mesi, che fa il decoratore e si chiama Hanif. Per tutta la durata della lezione sento uno sguardo tenero e un sorriso altrettanto tenero seguirmi passo passo, mentre gli afgani fanno i gradassi e l'eritreo elegantemente parla nel suo italiano base.
Hanif mi ha ricordato la letteratura di Mahfuz. Oggi, 11 dicembre, ricorre il centenario della sua nascita. Qualche giorno fa in Egitto hanno nuovamente osato dire che i suoi libri incitano "alla prostituzione, all'uso della droga, alla promiscuità sessuale, all'ateismo". Peccato che egli sia stato uno dei riferimenti spirituali e culturali della primavera araba; peccato che egli sia stato insignito del premio Nobel in qualità di importante maestro contemporaneo - non solo per il popolo arabo; peccato che una giovane donna europea quando le nominano l'Egitto pensi subito a piazza Tahir e a Mahfuz (e non a Cleopatra e alle piramidi). Peccato, no! Per fortuna che c'è stato il suo pensiero.
Buon compleanno, Maestro Mahfuz.

"Quando il treno si fermò, vide che non c'era nessuno ad attenderlo. Dov'era il suo segretario? Dov'era il personale d'ufficio e i fattorini? Cercò con lo sguardo fra la gente in piedi sul marciapiede, ma non riconobbe nessuno. Cosa era accaduto? L'attacco nei pressi del Canale era stato violento, ma anche Il Cairo era in subbuglio?
Lasciò il suo posto nella parte anteriore della carrozza e s'incamminò verso l'uscita, valigetta in mano, sentendosi teso e irritato, poi preoccupato, finché, spinto da un impulso naturale, cominciò a osservare con attenzione i volti della gente".
(Autunno egiziano, 1962)


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