sabato 25 agosto 2012

Una visita inaspettata

Ero in ufficio ben oltre il normale orario di lavoro. Bussano alla mia porta ed entra un signore anzianotto, sulla sessantina inoltrata, con occhialini e baffi grigi, ben vestito, insomma, una persona distinta, cosa rara a vedersi da queste parti. 
Mi porge la mano e con un modo di fare calmo e pacato e in un discreto inglese mi fa: "Buon pomeriggio, io sono Mr. G......(e qualcosa appresso che ho capito come "Giosef" - Joseph - parlado, poi, mi ha detto che il suo nome è Jossuf, inglesizzato Joseph), ho lavorato per qualche anno con Walter della SELI a Kermanshah, alla fabbrica conci, e sono molto lieto di conoscerti". 
Lì per lì sono rimasto un po' interdetto, ma quell'omino infondeva una serenità tale che, nonostante la mia innata indisposizione ad aprirmi con gli sconosciuti, gli ho fatto un gran sorriso e l'ho invitato a sedersi, come se dovessimo parlare per ore. 
Ci siamo messi a parlare, io mi sono presentato e lui mi ha chiesto quale fosse il mio impiego "site manager" gli faccio, con un tono come a voler dire "purtroppo mi è capitato, non posso farci nulla". Lui mi fa "oh, ma sei molto giovane, questa è una buona cosa per te! Da dove vieni?"
"Roma"
"Oh Italia....Vivaldi"
e lì ho pensato - "wow, allora non sono tutti buzzurri che conoscono solo Del Piero e Totti"
Gli faccio "Sì, Vivaldi. Le piace la musica classica?"
"Oh, l'adoro. A casa riesco a prendere un canale satellitare francese dove trasmettono solo musica classica"
"Ah bene. E lei da dove viene? Kermanshah?"
"No, sono del nord, vicino al Mar Caspio. Ho studiato ingegneria e mi sono laureato circa 40 anni fa all'università di Tabriz"
"Ah ma allora è un ingegnere?"
"Sì, sono 40 anni che lavoro nelle dighe e nei tunnel. Sono qui per la piccola diga che dovrete fare"
"Sì, in effetti è molto piccola, noi non ce ne occuperemo proprio"
"Io ho lavorato alla diga più grande dell'Iran, figurati è stata costruita prima della rivoluzione del '79, l'impresa era italiana e il cliente americano. Ho delle foto dell'epoca: non c'erano ancora le betoniere in Iran e si vedono queste file di operai che impastano piccoli mucchi di cemento a mano, con le pale".
Avrei voluto dirgli "non è cambiato poi tanto da allora" ma ho avvertito nelle sue parole una forte commozione, forse la nostalgia per la sua giovinezza, e allora in forma di rispetto e con un po' di vergogna, ho solo accennato ad un timido sorriso.
Al che lui rompe il silenzio e sempre in tono molto garbato mi fa:
"Sei sposato?"
"Beh, no"
"E perchè no?" e così mi ha spiazzato!!! Non sapevo cosa rispondergli, sono rimasto lì a blaterare qualcosa sul mio lavoro, sulla distanza, insomma cercavo visibilmente una pezza.
Lui mi fa: "con questo lavoro sarai sempre come gli zingari, prima qui, poi lì. Prima o poi ne dovrai parlare con la tua donna. Ma sono due cose molto importanti: il tuo lavoro e la tua famiglia, devi saperle bilanciare bene"
A quel punto devo aver preso tutte le sfumature del rosso. Poi gli ho detto: "concordo con lei, ma per avere dei figli preferirei stare più vicino a casa. I figli hanno bisogno anche della presenza di un padre"
"Sì" mi fa "ma a volte tua moglie dovrà fare da madre e da padre ai tuoi figli, così come ha fatto la mia" e lì ho sentito la sua voce rompersi per la commozione.
Non ho voluto approfondire il discorso, così ho lasciato calare un imbarazzante silenzio.
Ma Jossuf, riprendendo il suo tono calmo e pacato, ha rotto l'imbarazzo e si è accomiatato in maniera molto signorile.

Chirone

martedì 21 agosto 2012

Certi amori





Pensai a quanti luoghi ci sono nel mondo che appartengono così a qualcuno, che qualcuno ha nel sangue e nessun altro li sa. 
(La bella estate, Cesare Pavese)

venerdì 17 agosto 2012

Se Chirone incontra Aska

E' una notte di fine estate quando il viaggiatore Chirone ritrova inaspettatamente la viaggiatrice Aska. Erano passati tanti anni dall'ultima volta che si erano visti, esattamente quindici: 15 anni di soli e di lune, di popoli e di dialetti, di luoghi conosciuti e di amori stranieri. Si erano incontrati alla prima svolta importante della loro esistenza, nella stagione che si apre alla vita e all'amore. Nei loro sguardi e nei loro gesti tutto era carico di aspettative e di tenerezza, tutto era presente, niente era forse. Su un pullman che sfrecciava verso sud, verso casa, si guardarono e si baciarono. Poi Aska decise che non poteva esserci posto per Chirone nelle sue giovanissime giornate. Aveva voglia di conoscere il mondo da sola, quel timido ragazzino le sembrava quasi di intralcio. Così si salutarono senza cerimonie, nel silenzio senza rancori dei loro quattordici anni.
Dopo quel congedo non si rividero mai più, eppure il ricordo di quel giovanotto che le abita proprio dirimpetto non l'aveva mai abbandonata. Sicché durante un'estate alquanto grigia la quasi trentenne Aska decide di voler rivedere quel suo antico amore, giusto per ricordare il tempo che fu e sorridere agli anni che passano, tanto per dare un po' di colore a quelle giornate fiacche.
Eccolo lì Chirone con lo stesso sorriso e lo stesso sguardo di quando era adolescente, lo stesso fare garbato e riservato. Eccolo lì Chirone, nascosto nei suoi vestiti da motociclista, con i suoi capelli scompigliati. Di fronte a lui una Aska meno sfrontata, meno sicura sul domani, ma sempre piena di tante parole, con la sua maglietta verde e i grossi orecchini. Eccoli lì mentre si raccontano quindici anni di lontananza, mentre insieme scoprono e riscoprono le bellezze della loro terra, mentre provano a rendere eterna questa loro strana estate, tentando in tutti i modi di allontanare il momento della partenza. Questa volta è Chirone che deve congedarsi da Aska, è tempo di diventare adulto, di andare lontano, di cercare la propria strada.
Eccoli qui Aska e Chirone, 12 mesi dopo quel primo passo di un viaggio arduo e emozionante, durante un'altra estate di passione, lacrime e attese.

"Morcone, 17 agosto 2012.
Dunque è passato un anno: UN ANNO da quel nostro incontro. Chiudo gli occhi e ti rivedo che alzi la birretta per salutarmi, mentre le mie labbra si spalancano in un sorriso. Siamo lì a Santa Croce, tu vestito di nero e io con la mia maglietta verde, 15 anni dopo il nostro ultimo saluto. Eccoci lì noi due quasi trentenni che ci incontriamo sempre ad una svolta della vita, mai un momento prima mai un momento dopo.
Se qualcuno quella sera mi avesse fermato per dirmi che un anno dopo avrei avuto cuore e testa legati a quel quattordicenne motociclista, non ci avrei creduto. Mi sarebbe sembrata un'assurdità. Ancor più se qualcuno mi avesse predetto tutte le condizioni del nostro rapporto avrei sgranato gli occhi e avrei aggiunto, senza dubbi, "ma siamo pazzi". E, invece, eccoci qui - dopo 12 mesi - in questo legame folle, difficile, ma bello!
Commemoro nella mia testa tutti i momenti trascorsi insieme, tutte le nostre chiacchierate, gli sguardi, le risate, l'emozione di leggere le nostre mail, il cuore in gola ogni volta che sul telefono leggo "Iran", le attese e i saluti all'aeroporto, le nostre affettività, i nostri viaggi immaginari, le nostre reali mangiate, i tuoi abbracci e i tuoi morsi, quel sentirti così vicino a me quando ti stringo forte e quando ci parliamo a distanza.
Ecco cosa sei per me: un'emozione lunga un anno".


Shed a tear 'cause I'm missin' you 
I'm still alright to smile 
Girl, I think about you every day now 
Was a time when I wasn't sure 
But you set my mind at ease 
There is no doubt 
You're in my heart now 

Said, woman, take it slow 
It'll work itself out fine 
All we need is just a little patience 
Said, sugar, make it slow 
And we come together fine 
All we need is just a little patience 




giovedì 2 agosto 2012

Agosto




Nostalgia del presente

In quel preciso momento l'uomo si disse:
che cosa non darei per la gioia
di stare al tuo fianco in Islanda
sotto il gran giorno immobile
e condividere l'adesso
come si condivide la musica
o il sapore di un frutto.
In quel preciso momento
l'uomo stava accanto a lei in Islanda.

Jorge Luis Borges

venerdì 20 luglio 2012

Mary Grace

Quale deserto
quale buia ed intricata foresta
dovrò ancora
e ancora attraversare
per conoscere te.
Ho inciampato in anime dure come sassi
ne ho saltato di vuote come precipizi
e il mio sguardo si fermava sul limite
tra sofferenza e desiderio.
Tu lì non c'eri, ti ho cercato
in ogni alba e in ogni tramonto.
Cammino faticosamente tra i rovi acuminati
di contraddittori sentimenti,
non ho più catene che m'imprigionano ad illusioni.
L'unico mio pensiero è di non perdermi,
di più, di non svilirmi.
Per questo forse dovrei soltanto fermarmi.

Mariagrazia Anna Di Nardo

Per descrivere Mariagrazia sceglierei un unico aggettivo: profonda. Guardi dentro di lei e scopri un mondo contraddistinto dal Bello, in cui l'Altro si sente profondamente compreso e protetto. Ha quella sensibilità, con vette vertiginose, che solo certe poetesse posseggono. Ha dote di profeta.
Siamo state compagne di studi e di vita quando frequentavamo la facoltà di lettere e filosofia dell'università di Roma Tor Vergata (ove fu ribattezzata Mary Grace da alcuni colleghi). Per molti anni abbiamo spezzato insieme il pane delle attese, delle speranze, dei progetti, delle passioni. E'stata presente in un periodo felice e fecondo della mia vita; per questo è tra i ricordi più teneri a cui mi aggrappo in certe giornate autunnali. 
Ha salutato Roma nel momento in cui non riusciva più ad avere il nutrimento di cui il suo essere necessitava e si è chiusa dietro di sé la porta della città eterna per seguire il vento nuovo del nord, compiendo un taglio senza drammi. Ora, a distanza di anni, capisco il perché di quel cambiamento; ora, più che a quel tempo, condivido, invidio, rispetto quella scelta. Forse perché non ho mai avuto il suo coraggio: il coraggio di aprire un'altra porta.
Questo post dedicato a lei e alle sue parole nasce dopo aver letto il suo status facebook. La sua voce continua a confondersi con la mia, i suoi pensieri sono sempre gemelli dei miei. Era ora che Aska, nel suo misero spazio, rendesse omaggio a quell'anima straordinaria di Mary Grace.




Ripensando a questo mese, vissuto l'anno scorso, ricordo che sentivo crescermi una certa morte dentro. Oggi mi sento più viva e forte che mai. In questo tempo da allora trascorso, ho imparato a distruggere le illusioni, distinguendole dalle speranze, ho compreso che la propria vita non deve mai essere turbata in alcun modo dalle intemperanze altrui, ma deve essere il risultato di una continua scelta, in cui le uniche difficoltà che s'incontrano derivano dalle assunte responsabilità. Ho capito che il percorso che sto compiendo è un insieme di passi sempre più radicato, sempre più autentico nella costruzione della mia identità: un percorso infinito, sempre ad un bivio, ricco di conoscenza, ricerca e in cui la bellezza di ciò che scopro, la fantasia, sono le uniche fonti di leggerezza che voglio, le mie ali della libertà.
Sono grata alle persone che hanno condiviso con me e continuano a farlo in modo sincero, questa strada, tra dolori e gioie della quotidianità.
(su Facebook in data 17 luglio 2012)



Dove nascesti figlio della pace?


Dove nascesti figlio della pace?
In una terra rimasta inesplorata,
ma poi di lì mi allontanai per qualche tempo,
mettendo un piede in un luogo di tormento.
M'imbrattai di visioni oscure,
guardai verso il sole 
e non vidi che dolore.
Mi chiesi se ci fosse un limite a tutto questo,
ma soltanto una risposta ne trassi:
Tu conosci un altro popolo simile a questo?
Un popolo che ha paura persino dei propri bambini,
che li usa e ne abusa, 
per renderli per certe infami cause degli assassini?
Ecco tornando verso la mia amata terra, 
non sarà possibile cancellare questi momenti, 
e porterò negli occhi immagini di desolazione e di guerra.
Tuttavia sono il figlio della pace e dico:
per ogni lacrima che sarà versata 
nascerà un giglio e questa amara terra io benedico,
arriverà quel giorno in cui ogni essere umano capirà
che la vita è quel diamante più prezioso, 
che una volta perso per violenza o per aver rubato dignità,
l'avrà sprecata per sempre e mai più, mai più a lui ritornerà.



https://www.facebook.com/pages/Mariagrazia-Dinardo/156331844477778

Rossella

E' stata liberata Rossella Urru, la cooperante sarda rapita nove mesi fa in Algeria. Finalmente. 
Il mondo del web, che nei mesi precedenti si era mobilitato in massa, esplode di gioia. Il motivo di tanta partecipazione emotiva risiede forse nel fatto che la Urru è una donna, una giovane donna che ha deciso di intraprendere un mestiere nobile e rischioso.
Nonostante i mesi di prigionia spera di tornare presto ad occuparsi dei suoi progetti in Africa. Quando ho letto questa sua dichiarazione mi sono commossa. E mi sono sentita tanto orgogliosa, perché la mia generazione può vantare persone come lei che si spendono con entusiasmo, fatica, dedizione per il proprio lavoro. In un'Italietta di soubrette in politica, di corpi manovrabili, di insulse menti femminili, ecco una ragazza (classe 1982) su cui puntare il dito con fierezza. 
Mentre facevo questi pensieri ho letto su Facebook lo status di un mio conoscente, che recitava più o meno così: "a Rossè, la prossima volta statte a casa". Lui, maschio poco più che trentenne, della periferia romana, elettore del Pdl: i requisiti parlano da soli, non c'è bisogno di aggiungere vocaboli; chiunque può leggervi palesemente "stolto" "pericoloso" "ignorante". 
L'irritazione si è placata solo quando ho scambiato delle opinioni in merito al tizio in questione con mia sorella e una mia amica di infanzia. Dalla stima che ho per queste persone (inutile dirlo anche loro infastidite dall'ennesima uscita della nostra conoscenza) ho sentito rinascermi la speranza. Saranno loro (Rossella, Antonella, Martina, ecc..) in qualità di mamme, di professioniste, di studiose, di educatrici, di cittadine probe a partorire una società di giusti.
Bentornata in patria Rossella! 



mercoledì 18 luglio 2012

Eugenia

Eugenia Bulat nasce nel 1956 a Sadova nel Distretto di Călăraşi, in Bessarabia, (Moldavia). 
Ha studiato presso l'Università di Stato di Chişinău e presso l'Università Pedagogica "Ion Creangă". 
Primo sindaco democraticamente eletto nel suo villaggio natìo dopo il 1989, ha lavorato come professoressa, giornalista (Agenzia Nazionale Moldpres) ed editore. È stata fondatrice e conduttrice del cenacolo letterario "Iulia Hasdeu" (1991) e della rivista letteraria L'attimo Siderale (1995), appoggiata dall'Istituto Culturale Romeno di Bucarest (Premio di Stato per la Letteratura, Chişinău, 2009). 
Dal 2007 vive a Venezia.





Leggera mi sento,
                     troppo leggera,
                                sorella del fumo...
scossa da tanta vita,
                       da tante vite...


Non sapevo, mio Dio,
                     di averne soltanto una...


Davanti ad essa,
           come un bimbo desolato,
                                rimasto da solo...

(Venezia, 5 ottobre 2007)



....Ad un tratto senti:
                     il mondo intero è in te,
sei un vaso compiuto,
                    !stracolmo.

Non la cerchi più,
                      non corri più,
                                 non c'è fretta...
e cammini a ritroso
                      come capro indomito,
                                 come granchio,
                                            per istinto.

Nulla ti sorprende,
                      nulla ti meraviglia,
hai l'età della tartaruga:
                      trecento-anni...

Dio, a volte,
                     ri-ve-la-ti-ri-ve-lan-do,
ti può incantare:
                      con un tramonto -
                                 con una montagna -
                                            con un filo d'acqua...

Allora percepisci
                      quanto sei giovane,
quando scendi a ritroso
          per-piangere-senza-voce
                               !perché-vedi-la-luna...

Quando corri turbato,
                     per il pericolo in agguato,
e i tuoi pargoli
                      /in-uno-statico-perfetto/
                               te guardano, indulgenti
                                                     sorridenti...
(Venezia, 27 settembre 2007)


Le poesie sono tratte dal volume Venezia ti fu data (Diario di una latitante dell'Est), Casa Editrice Cartier, Chişinău, 2007.