Di crisi economica si parla ogni giorno in ogni dove, soprattutto nel nostro dove. Dacché è cominciata tutti, o quasi tutti, abbiamo limato o addirittura eliminato qualcosa appartenente alla voce "spese"; per chi come me non beneficia di un lavoro (perché averne uno che ti occupa un paio di ore a settimana o poco più non è neanche lontanamente definibile lavoro, ma soltanto "sorta di occupazione remunerativa che ti dà l'illusione di vivere la tua età") questo momento di difficoltà economica è un cancro vero e proprio, che di giorno in giorno ti consuma e ti lascia senza speranza per un futuro personale sano.
Quasi inutile che scriva su quanto mi getti nello sconforto sentire i numeri riguardanti la chiusura di aziende e di attività commerciali, soprattutto in relazione alle vite che ci sono dietro ogni singolo dato. C'è una gerarchia di importanza, dove pertanto il fatto che le gite scolastiche stiano risentendo pesantemente della crisi ha una importanza marginale rispetto ai veri drammi. Premesso ciò per non essere tacciata di insensibilità verso le cose reali della vita, vengo al perché del post.
Sì, apprendere che sempre meno studenti italiani prendano parte ai viaggi di istruzione organizzati dalle scuole mi ha messo tanta tristezza. Sarà perché per me essi sono stati i momenti più belli, più teneri del periodo della scuola. Da adulta ne riconosco l'importanza formativa e culturale, il peso che hanno avuto nella mia crescita. All'epoca, com'è ovvio, erano puro divertimento.
Erano gli anni '90 e le scuole organizzavano annualmente gite di uno o più giorni, a cui gli studenti partecipavano quasi in massa. Per me e mia sorella era normale aderire, non c'è mai sfiorata l'ipotesi che i nostri genitori non ci dessero la possibilità di andare. Eppure la nostra era una semplice famiglia del ceto medio, con stipendi standard. Oggi probabilmente non sarebbe così scontata, in un'epoca in cui si fanno spese controllate e in cui le gite possono costare molto. La mia vicina di casa, che frequenta la terza media, non potrà andare perché 300 euro sono una somma eccessiva per la sua famiglia.
Il mio primo viaggio di istruzione è stato proprio in terza media: siamo andati a Ravenna e a Venezia. Fu in quell'occasione che conobbi il mio Stefano. A distanza di così tanti anni ricordo ancora quasi perfettamente il percorso fatto e le risate condivise, così come ricordo tutte le altre: primo liceo Firenze; secondo Parigi e Strasburgo (in pullman! I voli low cost dovevano ancora arrivare); terzo la Sicilia orientale; quarto Verona; quinto Praga (in treno). Ma la più bella in assoluto resta la visita fatta all'acquario di Napoli, facevo la seconda elementare e mi emozionai così tanto alla vista del cavalluccio marino! Il ricordo di quell'emozione è ancora vivido.
Mi è proprio difficile pensare che si debba sottrarre dall'iter scolastico le gite, è come se si eliminasse una qualsiasi altra materia: sono parte fondamentale del percorso di formazione dei ragazzi. Non a caso la dicitura più corretta è viaggio di istruzione.
Che Paese è diventato il nostro se non dà la possibilità ai suoi giovani cittadini di andare fuori dal proprio mondo per guardare negli occhi l'arte e la Bellezza in compagnia dei propri compagni, lontano dai genitori, tirando tardi la notte tra una risata e una bevuta rubate alla sorveglianza dei professori? E' un Paese triste con una scuola altrettanto triste.
Che Paese è diventato il nostro se non dà la possibilità ai suoi giovani cittadini di andare fuori dal proprio mondo per guardare negli occhi l'arte e la Bellezza in compagnia dei propri compagni, lontano dai genitori, tirando tardi la notte tra una risata e una bevuta rubate alla sorveglianza dei professori? E' un Paese triste con una scuola altrettanto triste.
Aprile 1996
Nessun commento:
Posta un commento