Dopo una settimana passata a casa di mia sorella maritata, sono tornata dai miei genitori con tanti buoni propositi per il nuovo anno. L'obiettivo principale è provare a non abbattersi, a non deprimere me stessa e il resto del mondo. Lo slancio mi è stato fornito da un libretto di psicologia (purtroppo non ce la faccio a definire libroni i lavori costruiti ad hoc per essere venduti, cosa ben diversa, ovviamente, sono quelli accademici, dinanzi ai quali alzo le mani) che il mio uomo mi ha spedito per e.mail con la speranza che potesse intervenire laddove nemmeno il suo amore ci riusciva. Sicché ho cominciato l'anno leggendo questo libro incentrato sull'incapacità di vedere il nostro valore, sul fatto che tendiamo a sminuirci, a restare in uno stato di paralisi che ci impedisce di progredire. Verso la terza pagina mi sono addormentata saporitamente, poi l'ho ripreso in mano e l'ho guardato da un'altra prospettiva. Alla decima pagina una considerazione è balzata felicemente alla mia bocca: "ma dice tutte cose che io so! Mi sono state insegnate dal Vangelo, dalla letteratura, dalla filosofia. Io già le posseggo, tutti le possediamo, non abbiamo bisogno che ce le dica uno psicologo americano che si sta arricchendo con la nostra incapacità di ricordare". Mi rendo conto che forse ho avuto uno slancio di boria intellettuale (chiunque di voi - ci scommetterei i miei pochi denari - ritiene che una cosa detta da un filosofo sia più degna di nota anche del più importante psicologo. Freud non arriverà mai a Platone per capirci), tuttavia il suddetto libro è servito a "ricordarmi" della letteratura che fa bene all'anima. Così mi sono fiondata in libreria e ho preso il primissimo libro che mi ispirava fiducia, contravvenendo all'abitudine di dare dapprima un'occhiata ai classici e poi dopo alle novità editoriali. Sono uscita in compagnia di Jonathan Franzen e del suo ultimo lavoro dal titolo "Più lontano ancora", che ha avuto l'immediata capacità di riconciliarmi con me stessa. Mentre leggevo il discorso che ha tenuto al Keyon College nel maggio del 2011, con il quale il libro si apre con un titolo che è già premessa di rinascita se vi trovate in un momento di traballamento, Il dolore non vi ucciderà, la mia testa era un'esplosione di pensieri positivi, di gioia contagiosa, di appagamento: un orgasmo insomma.
Ho cominciato pertanto oggi, primo giorno di routine, con questo desiderio di concentrarmi solo sulle cose del presente, senza sguardi strazianti al passato o timori per il futuro (come suggeriva il libro di psicologia e come so perfettamente io stessa). Così mi sono seduta al tavolino e mi sono messa a leggere "Lettere morali a Lucilio" di Seneca, mentre fuori pioveva a dirotto, mio padre riempiva la casa con le canzoni di Battisti e mia madre con il profumino del pranzo. Tutta presa da parole e odori, alzo gli occhi e vedo la mia gattina seduta sul letto di fronte che mi osserva con tanta attenzione. Mi sono commossa. Non ero sola, c'era lei che in silenzio mi teneva compagnia e vigilava sul mio presente. Meglio, molto meglio di qualsiasi libro.
Buon anno!
Il gatto
In casa mia desidero
una donna fornita di ragione,
un gatto che passi tra i libri,
amici in ogni stagione
senza i quali non posso vivere.
Guillaume Apollinaire
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