domenica 5 giugno 2011

La dieta di nonna Anna

Mia nonna Anna è vissuta fino a 94 anni sempre in ottima forma. Non ha conosciuto malattie, ospedali e medicine (io non ricordo nemmeno di averla mai vista febbricitante). Era sempre vestita in modo decoroso, mai un capo messo per comodità domestica. I suoi folti capelli - sempre ben sistemati - non sono mai diventati completamente bianchi (li ravvivava con la brillantina, il cui nome ora mi fa pensare a tempi tanto lontani). Usava gli occhiali solo per leggere e lavorare all'uncinetto, e ci sentiva benissimo. Decine di volte al giorno faceva su e giù per le scale della sua casa senza alcuno sforzo. Non ha mai messo una crema idratante, eppure il suo viso aveva solo delle leggere rughe. Il suo corpo non ha conosciuto smagliature e cellulite, perchè queste sono regali degli agi moderni. Non ha mai fumato. E lo stress non sapeva neppure cosa fosse.
Nata in una buona famiglia, non ha mai dovuto sorportare i sacrifici della gente della sua terra. Le vicine di casa, a cui la vita non aveva risparmiato privazioni, me la indicavano come una donna molto fortunata. La sua buona sorte le aveva dato anche un marito generoso e paziente (al contrario di lei che aveva un caratterino deciso e imperioso). Si sono amati profondamente. Le lettere che mio nonno le scriveva dal fronte sono l'eredità più bella che ci abbiano lasciato. Morto 16 anni prima, nonna provava ad annullare la nostalgia per lui ricordandolo di continuo con tutti. Ogni mattina, appena sveglia, guardava la sua foto e nel pianto gli parlava a fondo. Poi andava a farsi un caffè e cominciava la sua giornata.
Quando chiuse gli occhi su questo mondo il direttore del giornale del paese le dedicò un trafiletto: la ricordava ventenne seduta nel giardino della sua abitazione intenta a chiacchierare con sua sorella. Austera ed elgante, diceva.
Io e mia sorella l'abbiamo ricordata oggi durante il nostro pranzo domenicale, allorquando ci siamo lanciate in una discussione sulla mancanza di una vita sana.
Nostra nonna faceva la stessa dieta da decenni, forse da tutta una vita. Era la seguente: pasta quasi tutti i giorni (rigorosamente banditi i sughi pesanti); carne due volte a settimana; il mercoledì e il venerdì erano le giornate dei legumi con pesce o uova; sabato - sia di inverno che d'estate - brodino. Una fetta di pane e una mela concludevano sempre il suo pasto. La sera mangiava una fettina di prosciutto cotto con la scamorza. Il pomeriggio té con i biscotti: si concedeva questa trasgressione perchè il suo salotto era sempre pieno di persone che andavano a farle visita, alle quali offriva un dolcetto o un bicchierino di vermout. Non variava il suo regime per nulla al mondo.
Noi abbiamo pranzato con lei per molti anni. Sapevamo che quel giorno c'era di sicuro quel cibo, che non ci sarebbero state sorprese culinarie. Era una vera tortura, per noi bambine, mangiare sempre le stesse cose. Tutta quella verdura e quei piatti semplici, quasi insipidi. Mai che ci fossero stati dei piatti diversi e più saporiti, mai un dolce a concludere il pasto.
A distanza di venti anni, quella che ci era sembrata una rigidezza esagerata e monotona, ci appare invece come un modo di mangiare a cui dovremmo ispirarci. Se vogliamo arrivare in fondo alla nostra vita dovremmo prenderla ad esempio. Come direbbe lei, dovremmo imporci una vita virtuosa. Mentre ci dichiaravamo i nuovi buoni propositi, silenziosamente io e mia sorella ci siamo dette: "e se cominciassimo domani?". In fondo, si sa, il domani è sempre qualcosa di rimandabile...

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