Non mi era mai capitato che un libro mi rilasciasse tanto disagio soltanto nel momento in cui l'avessi terminato. Nei giorni in cui l'avevo tra le mani non sempre ero convinta di portarlo a termine, in alcuni punti si lasciava leggere troppo meccanicamente, senza coinvolgimento apparente. Adesso, però, liberarmi da esso mi risulta davvero arduo. Il punto è che non riesco a staccarmi da lei, da Virginia, dalla sua controversa vena di vivere. Quelle memorie sono percorse da un'angoscia velata ma tanto insinuante. E' inevitabile pensare a quanto i suoi disturbi debbono averla tormentata molto più di quanto il libro mostri (molte delle parti più intime sono state omesse per volontà del marito). Eppure il non detto è palesemente esplicativo. La malattia di Virginia è presente, pulsa, sconvolge. Mi sconvolge.
"Eppure l'unica via eccitante è quella immaginaria. Appena metto in moto le rotelle nella mia testa non ho più molto bisogno di soldi o di vestiti, e neppure di una credenza, un letto a Rodmell o un divano" (aprile 1928).
Non sono solo dense di angoscia queste sue pagine intime, sono anche una finestra spalancata sulla letteratura, sul suo amore per le lettere e per lo scrivere. Tanti i riferimenti ai libri letti, agli autori approfonditi. Che voglia smisurata di penetrare nei classici come fa lei.
"A volte penso che il paradiso debba essere un continuo infinito leggere" (luglio 1934).
Io penso che sia un continuo leggere e un continuo amare, mia cara Virginia...
25 gennaio 1882 - 24 gennaio 1982.
28 marzo 1941, giorno in cui mette fine alla sua vita - 31 marzo 2011, finisco di leggere le sue memorie.
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