mercoledì 6 giugno 2012

Ciao, mister Bradbury


Anche Aska saluta lo scrittore statunitense scomparso oggi.

Capite ora perché i libri sono odiati e temuti? Perché rivelano i pori sulla faccia della vita. La gente comoda vuole soltanto facce di luna piena, di cera, facce senza pori, senza peli, inespressive.
(da Fahrenheit 451, 1951)
Ray Bradbury (1920-2012)


C'era come un odore di Tempo, Nell'aria della notte. Tomàs sorrise all'idea, continuando a rimuginarla. Era una strana idea. E che odore aveva il Tempo, poi? Odorava di polvere, di orologi e di gente. E che suono aveva il Tempo? Faceva un rumore di acque correnti nei recessi bui d'una grotta, di voci querule, di terra che risuonava con un tonfo cavo sui coperchi delle casse, e battere di pioggia. E, per arrivare alle estreme conseguenze: che aspetto aveva il Tempo? Era come neve che cade senza rumore in una camera buia, o come un film muto in un'antica sala cinematografica, cento miliardi di facce cadenti come palloncini di capodanno, giù, sempre più giù, nel nulla. Così il tempo odorava, questo era il rumore che faceva, era così che appariva. E quella notte – Tomàs immerse una mano nel vento fuori della vettura – quella notte tu quasi lo potevi toccare, il Tempo.
(da Cronache marziane,1950)

E quando ci domanderemo cosa stiamo facendo, tu potrai rispondere loro: noi ricordiamo. Ecco dove alla lunga avremo vinto noi. E verrà il giorno in cui saremo in grado di ricordare una tal quantità di cose che potremo costruire la più grande scavatrice meccanica della storia e scavare, in tal modo, la più grande fossa di tutti i tempi, nella quale sotterrare la guerra.
(da Fahrenheit 451, 1951)

venerdì 25 maggio 2012

Vedi cara Aska



Per rompere il ghiaccio, come si dice banalmente. E' da un po' che non scrivevo, avevo bisogno di un pretesto e l'ho trovato in questa canzone ascoltata in questa sera di fine maggio.

Vedi cara, è difficile a spiegare,
è difficile parlare dei fantasmi di una mente.
Vedi cara, tutto quel che posso dire
è che cambio un po' ogni giorno, è che sono differente.
Vedi cara, certe volte sono in cielo
come un aquilone al vento che poi a terra ricadrà.
Vedi cara, è difficile a spiegare,
è difficile capire se non hai capito già...

Vedi cara, certe crisi son soltanto
segno di qualcosa dentro che sta urlando per uscire.
Vedi cara certi giorni sono un anno,
certe frasi sono un niente che non serve più sentire.
Vedi cara le stagioni ed i sorrisi
son denari che van spesi con dovuta proprietà.
Vedi cara è difficile a spiegare,
è difficile capire se non hai capito già...

Non capisci quando cerco in una sera
un mistero d' atmosfera che è difficile afferrare,
quando rido senza muovere il mio viso,
quando piango senza un grido, quando invece vorrei urlare,
quando sogno dietro a frasi di canzoni,
dietro a libri e ad aquiloni, dietro a ciò che non sarà...
Vedi cara è difficile a spiegare,
è difficile capire se non hai capito già...

Non rimpiango tutto quello che mi hai dato
che son io che l'ho creato e potrei rifarlo ora,
anche se tutto il mio tempo con te non dimentico perchè
questo tempo dura ancora.
Non cercare in un viso la ragione,
in un nome la passione che lontano ora mi fa.
Vedi cara è difficile a spiegare,
è difficile capire se non hai capito già...

Tu sei molto, anche se non sei abbastanza,
e non vedi la distanza che è fra i miei pensieri e i tuoi,
tu sei tutto, ma quel tutto è ancora poco,
tu sei paga del tuo gioco ed hai già quello che vuoi.
Io cerco ancora e così non spaventarti
quando senti allontanarmi: fugge il sogno, io resto qua!
Sii contenta della parte che tu hai,
ti do quello che mi dai, chi ha la colpa non si sa.
Cerca dentro per capir quello che sento,
per sentir che ciò che cerco non è il nuovo o libertà...
Vedi cara è difficile a spiegare,
è difficile capire se non hai capito già...

(Francesco Guccini, Vedi cara)

domenica 29 aprile 2012

Oggi

Un giorno avrò 30 anni.
Un lavoro decente. Una casa tutta mia. Dei sogni da adulta.

Oggi ho solo 30 anni.

venerdì 27 aprile 2012

Chirone e Aska


Un mare leggermente mosso al tramonto, lo sciabordìo delle onde che si infrangono su un grosso scoglio ruvido di granito, una brezza fresca che viene dall'orizzonte, una birra imperlata di goccioline d'acqua in bilico davanti alle punte dei miei piedi, io seduto sullo scoglio, con le ginocchia sotto il mento, incantato dall'immensità di quel venerando demone blu. Dietro di me la mia moto rovente per la lunga cavalcata e tu che sbruffi perchè hai bisogno di un WC e di cambiarti i vestiti mentre mi metti sottosopra i bagagli perchè non trovi quel tuo lucidalabbra, "sai quello che ho comprato allafarmaciaall'angoloprimadipartire, dovec'eranoqueiduefarmacistisimpaticichemihannodetto...blablabla...........".

Un venerdì mattina nel Kurdistan


Oggi è venerdì di riposo, uno dei giorni più noiosi qui a Nosud.
E' quasi mezzogiorno, il sole preme sul nostro tetto dalle otto di questa mattina, fuori il piazzale è deserto, riesco a sentire il cinguettio degli uccelli fuori dalla finestra.
C'è una strana calma durante il cambio turno, il cantiere sembra un posto deserto e abbandonato da tutti, persino gli abitanti e gli animali domestici del vicino villaggio sembrano scomparsi.
In questa condizione di riflessione indotta (per non dire forzata) non posso fare a meno di ripensare a quanto sia stato bello il breve periodo trascorso insieme, i nostri risvegli, i tuoi pianti, gli abbracci, le cene, le uscite, tutte le bellissime immagini di noi che mi porto dietro, come una serie di foto in un hard-disk, ma a differenza delle foto (che io odio), queste immagini hanno immortalato anche sensazioni, suoni, odori, che fanno di queste piccole realtà virtuali, delle nicchie in cui rifugiarsi quando qui imperverserà la tempesta.
So che questi sentimentalismi non sono da me, ma è un modo per ringraziarti di questi bei regali (i più belli per me), e per la serenità che riescono ad infondermi.
Sappi che ti sento sempre qui accanto a me, signorina G.
Bacio e non piangere, perchè sei così solare quando sorridi!


(Per gentile concessione del signor G.)

lunedì 23 aprile 2012

La totera della signorina G.


Lunedì pomeriggio di fine aprile. La signorina G. ha da poco terminato il suo solitario pasto di mezzodì; si reca nella sua camera da letto con l'intenzione di sedersi diligentemente al computer per lavorare alla ricerca del lavoro futuro. Ogni volta è un'impresa riuscire a modulare motivazioni, umori e aride offerte lavorative. Oggi, tuttavia, ha l'intenzione di usare questo momento per distrarsi, per non pensare al lunedì passato trascorso nel verde e nella tenerezza. 
Una volta dentro il suo nascondiglio non è la scrivania ad attrarla, è la luce che in modo prepotente entra dalla grande finestra della sua stanza che calamita la sua attenzione. Si tratta della luce della primavera, della luce della primavera romana. In altri momenti le avrebbe dato proprio una gran carica, oggi però sembra regalarle nuvole sul suo pallido volto. Perché? 
Perché ferma davanti alla finestra, mentre tenta di rimirare il cielo, i suoi occhi corrono dentro i suoi pensieri e vanno dritti a dei ricordi, alle recenti emozioni. Un volto, un sorriso si staglia tra l'iride e i palazzi romani. Le lacrime intraprendono lentamente la loro salita in direzione del punto di fuga e la totera* si allunga: questo è il momento in cui cerca di unire l'Occidente con l'Oriente, per trovarsi qui e in quel triste cantiere. 
Si concentra la signorina G., vuole che quella totera le consenta di fare arrivare al suo diletto tutto il sostegno di cui è capace. Sa che può farcela, sa che lui può avvertire la sua presenza tra il fango, la fatica e il deserto umano. 
Con quella stessa totera si avvicina al computer affinché non avvenga solo un collegamento spirituale, ma che ci siano anche delle parole a fare da ponte tra le loro vite e i loro sentimenti. Le dita scorrono sui tasti e le emozioni vengono digitalizzate per essere inviate nel giro di pochi secondi in quella terra lontana e a quegli occhi così vicini. Quando il signor G. aprirà la mail vedrà con precisione queste emozioni. E sorriderà guardando la totera della signorina G. 



* nel dialetto del mio diletto indica il broncio.